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La depressione post-parto: sintomi, cause e soluzioni
Genitori non si nasce, si diventa. Ne abbiamo parlato con la psicoterapeuta Marinella Cozzolino.
Per nove mesi la donna vive una serie di emozioni e sbalzi ormonali che caratterizzano l’attesa. La curiosità di vedere “in faccia” per la prima volta il proprio bambino è sicuramente l’aspettativa maggiore. Molte sono le domande che le future mamme si pongono: andrà tutto bene? Sarò in grado di accudire mio figlio nel modo giusto? Ecco, quest’ultima domanda, dove il ruolo genitoriale viene messo in discussione, è quella più ricorrente nelle menti di chi aspetta il primo figlio e se la donna non venisse rassicurata, supportata e seguita soprattutto nella fase iniziale, rischierebbe di incorrere in una malattia che non deve essere sottovalutata: la depressione post partum.
Secondo i dati del Ministero della Salute, la depressione post partum è una patologia che colpisce l’8-12% delle neomamme, generalmente alla nascita del primo figlio, esordendo tra la 6ª e la 12ª settimana dopo la nascita, ma, se riconosciuta, può risolversi in tempi brevi.
In Italia si può stimare che su 576.659 nascite all’anno almeno 46.000 donne possono soffrire di DPP (dati ISTAT 2008).
La DPP rappresenta un problema importante di salute pubblica se si considerano la sofferenza soggettiva della donna e dei suoi familiari, nonché le limitazioni e i costi diretti e indiretti dovuti alla compromissione del suo funzionamento personale, sociale e lavorativo.
Il disturbo interferisce anche con le capacità della donna nell’instaurare un primo rapporto con il suo bambino. Il 67% delle madri depresse, infatti, ha difficoltà di interazione e attaccamento. L’interscambio è stato riconosciuto come essenziale per un’efficace relazione madre-bambino, capace di prevenire le conseguenze a lungo termine sullo sviluppo cognitivo, sociale ed emotivo del bambino.
Questa patologia si differenzia sia dal maternity blues o baby blues che è un periodo transitorio molto frequente, un momento fisiologico dalla durata di circa 2 settimane post parto, che colpisce circa il 70% delle neomamme, che dalla psicosi post parto, che invece è la fase più acuta della depressione e colpisce 1 caso ogni 1000 nascite. Anche il baby blues si presenta con sintomi della depressione, quali ad esempio l’instabilità o sbalzi emotivi, facilità al pianto, mancanza di energie, senso di inadeguatezza e pensieri pessimistici, dubbi e timori circa la capacita di prendersi cura del bambino, sentimenti ambivalenti verso il bambino, senso di colpa, ansia, sentirsi prive di valore, disturbi del sonno e dell’alimentazione, ma non permangono nelle menti delle mamme per tutto l’arco della giornata come invece avviene con la psicosi puerperale. Le donne che ne soffrono presentano stati di grande confusione e agitazione, gravi alterazioni dell’umore e del comportamento, spesso allucinazioni e deliri.
Ad oggi, le cause della depressione post partum non sono ancora molto chiare, ma esistono dei fattori di rischio che possono far insorgere la malattia e sono: ormonali, (di tipo sessuale e tiroideo), biologici, psicologici (una personalità con bassa autostima o perfezionista), sociali (giovane età, inesperienza e mancanza di aiuto e sostegno), o anche dovuti alla presenza di persone nel nucleo familiare che hanno sofferto di depressione, solitudine, conflitti con il partner, abuso di sostanze, condizioni socio economiche sfavorevoli e ansia durante la gravidanza. Numerose ricerche hanno dimostrato che le donne in gravidanza possono soffrire di disturbi dell’umore: si stima che ne soffra almeno il 16 % delle puerpere italiane e che circa il 40% delle donne che presentano depressione nel post parto era già depressa durante la gravidanza. Ma il 90% dei pazienti che vengono sostenuti preventivamente, rispondono con successo alle terapie. Le cure possono consistere nella psicoterapia e nella partecipazione a terapie di gruppo con donne che manifestano gli stessi sintomi.
Può capitare, però, che la depressione venga diagnosticata in ritardo a causa di una sbagliata interpretazione dei sintomi, oppure dalla vergogna da parte della neomamma a parlare del problema o addirittura il non ammettere di stare male. Il ritardo del trattamento della malattia può dare delle conseguenze quali un recupero incompleto, un aumento delle conflittualità familiari o una compromissione della relazione con il bambino. La depressione post partum, quindi, a seconda della forma nella quale si presenta, necessita di trattamenti psicologici adeguati e specifici. Il primo passo è quello di ammettere a se stesse che potrebbe essersi presentato il problema ed è quindi indispensabile confrontarsi con le altre mamme, con amici o familiari e rivolgersi, quanto prima, ad uno specialista per trovare una soluzione.
Abbiamo intervistato la dottoressa Marinella Cozzolino, psicologa e psicoterapeuta la quale ha spiegato che “un paio di giorni di calo del tono dell’umore è normale, anzi direi necessario, perché è come un’autoterapia per la donna: la neo mamma ha bisogno di esternare i suoi pensieri, le sue emozioni, che siano gioie e dolori, e condividerli con chi le sta accanto. È quando i pensieri vengono coperti, repressi e diventano sempre più negativi che si può parlare di un problema depressivo che deve essere affrontato in tempo per non permettergli di degenerare”.
Il fenomeno è in crescita. Si stima che circa il 70% delle donne soffra di una leggera forma di depressione e invece oltre il 10% di una psicosi post parto. Perché spesso le donne, dopo un periodo di attesa, anziché sentirsi felici per la nascita del proprio bambino, si sentono improvvisamente tristi con una gran voglia di piangere?
“Le motivazioni sono tantissime, innanzitutto durante i 9 mesi di attesa si parla solo dell’aspetto bello dell’arrivo di un bambino e molto poco invece di quanto possa essere più o meno doloroso il parto, l’allattamento e di tutte quelle variabili alle quali andrà incontro, all’improvviso, la neomamma con la nascita del bambino. Non dimentichiamo che, con l’arrivo del primo figlio, c’è anche l’acquisizione di un ruolo: avviene il passaggio da figlio a genitore. Il bambino ha quindi una missione ed ecco che al momento del parto vengono fuori quegli aspetti negativi non affrontati prima. L’arrivo di un figlio cambia la vita perché il bambino non concede più quella libertà e spensieratezza alle quali la donna era abituata e così in lui si vede un limite e inizia a venire fuori un forte senso di responsabilità. Dal momento in cui la donna partorisce diventa consapevole del fatto che deve fare attenzione al bambino con compiti ben precisi soprattutto nei primi mesi di vita, in cui sarà completamente assorbita da tutti gli impegni tipici dell’infanzia quali, ad esempio, visite, vaccini, poppate e quant’altro. Insomma, una serie di responsabilità forti che investono la mamma all’improvviso e che, in una situazione di normalità, sono affrontate con tranquillità, ma quando si verificano delle condizioni avverse la situazione può diventare complicata.
Ad esempio non tutti i figli purtroppo sono desiderati, in questo caso entrano in gioco altri fattori che devono essere affrontati, poi ci sono partner assenti, mamme e suocere insopportabili, in queste condizioni la donna si sente confusa e prevalentemente sola e il legame con il bambino diventa difficile, portando la mamma a pensare che la maternità non era facile come l’aveva immaginata”.
Quali sono i rimedi più efficaci?
“Il rimedio numero uno è il partner che deve essere innanzitutto comprensivo, deve contenere le ansie della moglie e soprattutto deve essere capace di ascoltarla e non farla sentire inadeguata perché è la mamma che deve dare la forza al bambino, forza che acquisisce grazie al supporto e sostegno del proprio compagno. Se la neomamma ha delle insicurezze non deve cadere nella trappola dell’inadeguatezza. La prima cosa da seguire è l’istinto, in un secondo momento è consigliato affidarsi ad una figura di riferimento al di fuori del nucleo familiare, io suggerisco sempre il pediatra, un professionista vicino alle idee della mamma. Quindi per evitare di sentire troppe voci che potrebbero insinuare nella donna il dubbio di sbagliare, io consiglio di scegliere un pediatra che sappia guidare la neomamma nel nuovo percorso. Un altro elemento importante che alimenta la depressione è la solitudine, i figli tendono a portare all’isolamento, soprattutto se si è abituati ad una vita sociale molto attiva: in questo caso la donna deve essere consapevole che la vita rispetto a qualche mese prima è cambiata ma perché il bambino non diventi colpevole del cambiamento è opportuno che la mamma mantenga, nel limite del possibile, le relazioni sociali a cui era abituata”.
Quanto è importante che la neo mamma sia messa in condizione di aprirsi e parlare?
“È fondamentale perché è un segno di grande fiducia che viene dato alla neomamma che si sente libera di parlare senza correre il rischio di essere additata come incapace e infantile. È quindi importante instaurare un buon rapporto soprattutto con il partner, facendolo sentire parte integrante della nuova vita e coinvolgerlo nel rapporto con il bambino, io consiglio di trovare delle strategie comuni e una suddivisione dei compiti e se la mamma non è perfetta agli occhi del compagno, pazienza, lui non può che esserne contento”.
Un ritardo diagnostico di un disturbo dell’umore, dall’ansia alla depressione, può avere importanti ripercussioni sulla donna e sul nascituro?
“Sì perché è scientificamente provato il bambino, sin da quando è feto e fino ai 18 mesi, assorbe tutte le emozioni della madre e quindi è importante che la donna sia serena per trasmettere tranquillità al figlio”.
La tempestività quindi è fondamentale per guarire?
“Certo, ovviamente le persone non hanno molta dimestichezza con la psicologia perché è più difficile individuare il sanguinamento dell’anima rispetto a quello che sono invece le malattie fisiche, non è facile capire i sentimenti, le paure e la vulnerabilità psicologica delle nuove mamme. Spesso si pensa che è solo un momento ed invece è importante non sottovalutare nessun sintomo e capire quando la donna tende a chiudersi, quando non ha forza a sufficienza per andare avanti nell’arco della giornata, quando ha poca gioia e scarso entusiasmo, ecco, questi sono dei campanelli d’allarme importanti che devono far capire che la neomamma sta vivendo un problema che deve essere risolto prima che porti a delle conseguenze difficili da gestire. L’importante è non lasciare sola la donna e permetterle di aprirsi senza giudicarla e senza minimizzare quello che sta provando in quel momento”.