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Emergenza Ucraina, l’esodo dei profughi e la minaccia del nucleare
Letteralmente bombardati. Il 24 febbraio 2022 ha sancito per l’epoca contemporanea un nuovo inizio. Con l’avvio dell’azione militare russa ai danni dell’Ucraina, una operazione lavorata da otto anni e affinata nei minimi dettagli nel corso dell’ultimo, l’Europa è ripiombata negli inquietanti scenari del Novecento. Iniziò in questo modo il secondo conflitto mondiale il 1° settembre del 1939, con l’invasione da parte della Germania nazista della Polonia, anche se in quel tempo non esisteva Internet e le informazioni correvano lente e vaghe. Oggi tutto è cambiato: è questa la guerra dei social, che si combatte a suoni di clic e di post, a partire dagli stessi leader politici. Al centro il Donbass, regione al confine tra Russia e Ucraina che da otto anni divide i due paesi.
“Ci saranno enormi perdite, scorrerà molto sangue da entrambi le parti” e a pagare “saranno anche i civili”. Riecheggiano nell’Europa ferita da un ennesimo inquietante e quanto mai ingiustificato conflitto le parole del reporter italiano Vittorio Rangeloni, dal 2015 nel Donbass, che trovano fondamento nei dati diffusi a livello internazionale e relativi al primo bilancio di guerra. Sono infatti già migliaia i morti della guerra tra i due paesi, tra cui anche molti civili. Il ministero della Difesa russo ha fornito per la prima volta un drammatico report ufficiale delle perdite dall’inizio dell’invasione che potrebbe causare malumori tra i russi stessi: 498 soldati russi morti e altri 1.597 feriti. Il bilancio pubblicato su Facebook dallo Stato Maggiore delle Forze Armate ucraine parla invece di 5.840 russi morti e segnala anche la distruzione di 211 tank, 30 velivoli e 31 elicotteri, 862 mezzi blindati, due unità navali e tre droni.
“La guerra risveglia l’Europa, fa concentrare l’America, ridisegna un ordine globale”. Con questo titolo il Washington Post offre una lettura geopolitica dell’offensiva militare scatenata dal capo del Cremlino in Ucraina, dove “le forze russe assediano le principali città”. Ed è proprio l’escalation dei bombardamenti (sono stati colpiti anche ospedali, asili e l’antenna della tv a Kiev) che, già a partire dal 24 febbraio, ha dato avvio al lento e drammatico esodo dei civili verso l’Europa occidentale (circa 60 chilometri di auto incolonnate). Sono sempre di meno gli italiani che vivono nella parte orientale del paese e quei pochi che in queste ore sono alle prese con la partenza verso Ungheria e Polonia descrivono via social città sempre più sotto assedio. L’Ucraina è in guerra ma la questione è internazionale. Non a caso infatti l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha adottato una risoluzione che condanna l’invasione russa dell’Ucraina, con 141 Paesi che hanno votato a favore, cinque contrari e 35 astenuti, tra cui la Cina. La risoluzione chiede il ritiro “immediato” della Russia dall’Ucraina condannando la decisione del presidente russo Vladimir Putin di mettere in allerta le forze nucleari. Intanto il popolo ucraino si arma in autonomia e si prepara alla guerra civile. Se da un lato ci sono gli uomini e le donne – fieri e coraggiosi – pronti a tutto pur di difendere la propria terra, dall’altro ci sono le donne e i bambini che cercano di lasciare il Paese e di raggiungere parenti e amici negli altri paesi europei, tra cui l’Italia.
Quando l’offensiva russa è iniziata il 24, si parlava di decine di migliaia di potenziali rifugiati. Pochi giorni dopo erano già centinaia di migliaia. Oggi quasi un milione. Al 2 marzo 2022 si contano 874mila, la metà in Polonia. Seguono l’Ungheria, con 116.348 rifugiati, il 13,3%, e la Moldavia, con 79.315, il 9,1%. Intanto la Commissione Europea è al lavoro per attivare la direttiva per la protezione temporanea per dare assistenza immediata alle persone in fuga dalla guerra. Agli sfollati sarà concesso un permesso di soggiorno e l’accesso all’istruzione e al mercato del lavoro. È emergenza umanitaria.
Nel Consiglio dei Ministri di martedì 1° marzo il Governo italiano ha destinato 10 milioni di euro, a carico del Fondo per le emergenze nazionali, per garantire soccorso e assistenza alla popolazione ucraina. Per farlo è stato dichiarato uno stato di emergenza umanitaria, che durerà fino al 31 dicembre e che ha l’obiettivo di assicurare il massimo aiuto dell’Italia all’Ucraina. In modo particolare, a spiegarlo è stato lo stesso Presidente del Consiglio Mario Draghi, si tratta di un impegno di solidarietà, che non avrà conseguenze per gli italiani. L’Italia tuttavia si prepara al peggio sul fronte dei rifugiati e dell’azione militare. Dal punto di vista umanitario, considerato che l’assedio russo ha innescato il maggior esodo di rifugiati da 75 anni, l’Esecutivo è impegnato nell’attivazione di corridoi speciali per i minori orfani, perché possano raggiungere il nostro Paese al più presto e in sicurezza. Si è valutata la possibilità di applicare per la prima volta la direttiva sulla protezione temporanea prevista in caso di afflusso massiccio di sfollati. Questa Direttiva garantirebbe agli ucraini in fuga di soggiornare nell’Unione Europea per un periodo di un anno rinnovabile ed eviterebbe di dover attivare onerose procedure di asilo dopo i 90 giorni di soggiorno senza visto. Il Ministero dell’Interno sta lavorando alla predisposizione di apposite norme sull’accoglienza degli sfollati ucraini nelle strutture nazionali.
In relazione alla presenza militare italiana nei territorio interessati dal conflitto, sempre Draghi ha informato che l’Italia è in costante dialogo con le Agenzie delle Nazioni Unite competenti per individuare le priorità di intervento e procedere con l’elaborazione di progetti d’assistenza ai rifugiati nei Paesi vicini all’Ucraina. “In seguito all’intensificarsi dell’offensiva russa – ha comunicato al Senato – abbiamo adottato una risposta sempre più dura e punitiva nei confronti di Mosca. Sul piano militare, il Comandante Supremo Alleato in Europa ha emanato l’ordine di attivazione per tutti e 5 i piani di risposta graduale che ho illustrato la settimana scorsa. Questo consente di mettere in atto direttamente la prima parte dei piani e incrementare la postura di deterrenza sul confine orientale dell’Alleanza con le forze già a disposizione. Mi riferisco al passaggio dell’unità attualmente schierata in Lettonia, alla quale l’Italia contribuisce con 239 unità. Per quanto riguarda le forze navali, sono già in navigazione sotto il comando NATO. Le nostre forze aeree schierate in Romania saranno raddoppiate in modo da garantire copertura continuativa, assieme agli alleati. Sono in stato di pre-allerta ulteriori forze già offerte dai singoli Paesi Membri all’Alleanza: l’Italia è pronta con un primo gruppo di 1.400 militari e un secondo di 2.000 unità”.