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Netto aumento del costo della vita, a farne i conti è la sana alimentazione

Dall’emergenza di Gaza, in Medioriente, al Sud Sudan, fino ad approdare in Myanmar, nel Sud est asiatico, e in America Latina. In molte regioni del mondo si combatte contro fame e malnutrizioni. Le cause principali sono la povertà e disuguaglianze economiche, conflitti armati e instabilità politica, cambiamenti climatici, che compromettono le colture e la sicurezza alimentare. Occorre poi aprire una riflessione sui sistemi agricoli fragili e la mancanza di accesso a tecnologie e risorse, oltre che sul tema di una scarsa educazione alimentare e problemi nella distribuzione del cibo. È quanto emerge dall’ultimo rapporto di Save the Children secondo cui circa 1,12 miliardi di bambini nel mondo, ovvero il 48% dei bambini a livello globale, non sono in grado di permettersi una dieta equilibrata.
L’impennata dei prezzi dei prodotti alimentari, correlata all’aumento del costo della vita, ha costretto milioni di famiglie a mangiare cibo di bassa qualità, non locale ma derivante dalla grande distribuzione, meno equilibrato e poco diversificato, mettendo a rischio lo sviluppo e il benessere dei minori. Save the children ha analizzato il costo di una dieta sana, definita dall’Organizzazione mondiale della sanità come adeguata, equilibrata, moderata e diversificata, in 167 Paesi per i quali erano disponibili dati e ha scoperto che quasi la metà dei bambini in questi Paesi fa parte di famiglie che non possono permettersi questi elementi essenziali.
La situazione era particolarmente grave per i minori nei Paesi a basso e medio reddito, con più di due bambini su tre, il 68%, che non potevano permettersi una dieta sana. “Il costo relativamente elevato degli alimenti nutrienti è uno dei maggiori ostacoli all’alimentazione sana dei bambini”, denuncia Save the children. “Quando il reddito è limitato, le famiglie tendono a dare priorità alla frequenza dei pasti e allo stomaco pieno rispetto alla qualità degli alimenti per i bambini piccoli”. “Il vertice N4G è un’opportunità fondamentale per la comunità internazionale di promuovere progressi contro la malnutrizione – ha dichiarato Hannah Stephenson, responsabile della nutrizione globale di Save the children – ponendo la nutrizione al centro di un programma di sviluppo sostenibile, che in un mondo in cui i tagli agli aiuti stanno diventando la norma, è più cruciale che mai. Le diete sane svolgono un ruolo fondamentale nella prevenzione della malnutrizione, che può avere conseguenze per tutta la vita sui bambini”.
Save the children esorta i leader che il 27 e il 28 marzo hanno preso parte al vertice N4G di Parigi a “rafforzare la transizione verso sistemi alimentari sostenibili, promuovere un accesso equo a diete nutrienti, rafforzare i sistemi sanitari per renderli resilienti e aumentare la copertura sanitaria universale, rafforzare i sistemi di protezione sociale senza lasciare indietro nessuno, dare potere alle donne, ponendole al centro della nutrizione e integrare i risultati nutrizionali in un’ampia gamma di settori, tra cui ambiente e clima”.
Ma se da un lato si parla di malnutrizione, dall’altro tiene banco il tema della sicurezza alimentare. Ciò che infatti finisce sulle tavole e nei carrelli degli italiani riveste un’importanza fondamentale. Proprio per questo, la sicurezza alimentare resta uno dei temi prioritari su cui si concentrano istituzioni e associazioni. A lanciare l’allarme è Coldiretti, che segnala come negli ultimi mesi si sia verificato quasi un allarme alimentare al giorno, legato alle importazioni di prodotti stranieri. Si va dalle arachidi cinesi contaminate da aflatossine cancerogene oltre i limiti consentiti, alle arance egiziane con tracce di Chlorpropham, un pesticida vietato nell’Unione Europea dal 2020, fino a pistacchi, pollo, pesce e altri alimenti di largo consumo presenti abitualmente sulle nostre tavole.
La denuncia arriva sulla base dei dati Rasff (Rapid alert system for food and feed), notifiche relative a rischi per la salute umana legati a cibo, mangimi e materiali a contatto con gli alimenti. In occasione della Giornata mondiale della sicurezza alimentare del 7 giugno, l’Organizzazione mondiale della sanità ha fatto sapere che 600 milioni di persone ogni anno si ammalano a causa di alimenti contaminati.
L’elenco dei prodotti più pericolosi, fa sapere la Coldiretti, interessa le aflatossine nel burro d’arachidi indiano, nei pistacchi turchi, americani e iraniani, oltre che nei fichi secchi provenienti dalla Turchia. Nel riso pakistano sono stati rinvenuti residui oltre i limiti di un altro pesticida proibito nell’Unione Europea, il Clorpyrifos, presente anche nel pepe peruviano assieme ad altre sostanze, mentre il tonno spagnolo presenta alte tracce di mercurio. Non mancano poi i cibi contaminati da batteri e virus: è questo il caso del pollo polacco con la salmonella e delle ostriche francesi e olandesi.
Non è un caso se i cibi e le bevande straniere sono otto volte più pericolosi di quelli prodotti in Italia con il numero di prodotti agroalimentari provenienti dall’estero con residui chimici irregolari che è stato pari al 5,6% rispetto ad appena lo 0,7% di quelli di provenienza nazionale, secondo l’ultimo rapporto Efsa. Parte da questo assunto la richiesta di Coldiretti di applicare il principio di reciprocità rispetto alle importazioni di prodotti agroalimentari da quei Paesi dove non vigono le stesse regole in materia di sicurezza alimentare, tutela dell’ambiente e rispetto dei diritti dei lavoratori.
