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Aggressioni medici e infermieri: fenomeno in aumento
c operato al Policlinico Umberto I di Roma per fratture del distretto maxillo facciale
L’immunologo Francesco Le Foche è stato aggredito da un suo paziente ed è stato ricoverato in prognosi riservata al Policlinico Umberto I con un grave trauma facciale.
Le Foche si è sottoposto ad un intervento chirurgico per ricomporre le gravi fratture riportate al naso, mentre per quelle all’orbita dell’occhio si interverrà in un secondo momento, fanno sapere i medici che lo hanno in cura.
In particolare, come spiega il professor Valentino Valentini, primario della Uoc maxillofacciale, dopo l’intervento, durato circa un’ora e mezzo, “abbiamo fatto una parte di quello a cui dovrà andare incontro. Ha una serie di fratture del distretto maxillo facciale e ha in particolare delle brutte fratture al naso che è stato quindi rimesso a posto”. C’è anche “una frattura dell’orbita importante che andrà ridotta e contenuta non appena le condizioni” dell’occhio “saranno stabili”, fa sapere il prof. Alessandro Lambiase, direttore dell’Up di oculistica. Tra “sette-dieci giorni” verranno inoltre valutate le possibili complicanze a livello della retina. Soltanto in quel momento si potrà passare “a una seconda fase maxillo facciale”. Il “globo oculare” verrà ricostruito “appena sarà possibile trattarlo chirurgicamente”. Se lo lasciassero così avrebbe “un problema di visione doppia”, spiegano i medici. Moralmente Le Foche “è provato”. Il trauma è importante “anche a livello psicologico”.
Sulla vicenda è intervenuto Matteo Bassetti, primario di Malattie infettive dell’ospedale San Martino di Genova. “È incredibile quello che è accaduto a Le Foche, ormai prima o poi capita a tutti. Siamo arrivati alla declinazione della medicina secondo a chi passa per strada. I ciarlatani in Tv hanno portato a questo: durante la pandemia Covid si è data voce, male, a chi ha fatto della violenza una ragione di vita”. “Un Paese dove si manda un medico in rianimazione – afferma Bassetti – è finito. Si devono prendere dei provvedimenti, i medici vanno rispettati e non picchiati”.
Tra i tanti messaggi di solidarietà quello del Presidente della Regione Lazio, Francesco Rocca: “Medici, infermieri ed OSS hanno diritto a lavorare in sicurezza. – ha affermato – L’aggressione al Professor Le Foche, come a qualunque altro operatore sanitario, non può essere tollerata. A lui giungano gli auguri di pronta guarigione da parte di tutta la Giunta della Regione Lazio”.
L’aggressione all’immunologo Francesco Lo Foche da parte di un suo paziente è solo il più recente di una lunghissima sequenza di episodi violenti ai danni di medici e infermieri, che vanno dalle minacce a lesioni più o meno gravi.
I motivi delle aggressioni sono molteplici e possono essere legati a fattori personali, familiari o sociali. In alcuni casi, le aggressioni sono causate da frustrazione, rabbia o delusione da parte dell’utente nei confronti del sistema sanitario. In altri casi, possono essere legate a problemi di salute mentale o a condizioni di disagio sociale.
Il problema è internazionale, tanto che l’Organizzazione mondiale della sanità segnala che fra l’8% e il 38% degli operatori sanitari ha subito una forma di violenza fisica nel corso della sua carriera e che sono ancora più numerosi coloro che sono stati aggrediti verbalmente.
A correre i rischi maggiori, rileva l’Oms, sono gli infermieri e coloro che lavorano nei pronto soccorso.
Situazione in Italia
Secondo i dati dell’Inail, nel triennio 2019-2021 sono state registrate 4.821 aggressioni, di cui il 71% ha avuto come vittima una donna. L’analisi per fasce d’età indica poi che gli operatori sanitari più colpiti (39%) hanno fra 35 e 49 anni, seguiti (37%) da colo che hanno fra 50 e 64 anni. Tra le professioni più colpite ci sono gli infermieri e gli educatori impegnati con tossicodipendenti e alcolisti; seguono gli operatori socio-sanitari (29%) e a distanza i medici (3%).
Fra le regioni nelle quali il fenomeno è più frequente c’è la Puglia, come è emerso dall’indagine presentata recentemente dall’Ordine dei medici di Bari in collaborazione con il Gruppo di lavoro donne medico Agapanto. I loro dati indicano, per esempio, che nel 2022 le aggressioni sono aumentare del 60,87% fra gli operatori della Croce Rossa, che nel 20,48 % dei casi l’aggressione è avvenuta da parte di un gruppo e nel 44,18% dei casi l’aggressore era un utente della struttura sanitaria.
“Gli operatori sanitari sono 16 volte più a rischio di violenza degli altri lavoratori” e in particolare “gli operatori dei Dipartimenti di Emergenza, e prevalentemente gli infermieri, rischiano di subire comportamenti violenti”. Le parole di Francesco Rocco Pugliese, presidente della Società italiana della medicina di emergenza-urgenza (Simeu). Purtroppo, ha precisato Pugliese, “il fenomeno è assolutamente sottodimensionato, poiché normalmente vengono denunciate solo le aggressioni in cui sono riportate lesioni gravi”, e questo è dovuto “probabilmente al fatto che gli operatori hanno un’aumentata assuefazione alle aggressioni, soprattutto verbali, che considerano facenti parte del loro lavoro”.
Misure di prevenzione
Per prevenire le aggressioni al personale sanitario sono necessarie misure di prevenzione a livello individuale, organizzativo e sociale.
A livello individuale, è importante che il personale sanitario sia adeguatamente formato per gestire situazioni di conflitto. È inoltre importante che il personale sanitario sia sostenuto da un ambiente lavorativo positivo e collaborativo.
A livello organizzativo, è importante che le strutture sanitarie adottino misure di sicurezza, come la presenza di telecamere di sorveglianza e di personale addetto alla vigilanza. È inoltre importante che le strutture sanitarie abbiano un piano di emergenza per gestire le aggressioni.
A livello sociale, è importante promuovere una cultura del rispetto nei confronti del personale sanitario. È inoltre importante sensibilizzare l’opinione pubblica sui rischi legati alle aggressioni al personale sanitario.
La legge 113/2020
In Italia, la legge 113/2020 ha inasprito le pene per le aggressioni al personale sanitario. La legge prevede, inoltre, che i reati di lesioni e percosse siano procedibili d’ufficio, anche se la vittima non sporge denuncia.
La legge 113/2020 è un passo importante per la prevenzione delle aggressioni al personale sanitario. Tuttavia, è necessario che le misure previste dalla legge siano adeguatamente attuate per garantire la sicurezza del personale sanitario.