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Aumenta il consumo di cannabis tra gli italiani: dall’uso terapeutico alla dieta alimentare
L’Italia è il Paese del mangiar bene. Alla base di ogni regime alimentare c’è l’indiscutibile dieta Mediterranea, un modello nutrizionale nato per ridurre l’incidenza delle cosiddette “malattie del benessere”. Da qualche anno ad essa si accompagna la “dieta” a base di cannabis tanto che la New Canapa Economy ha registrato un vero e proprio boom: gli ettari lavorati a canapa in Italia sono infatti passati dai 400 del 2013 ai quasi 4 mila stimati per il 2018. “Di recente alcuni pazienti mi hanno confessato di essere interessati a questo tipo di alimenti. Spesso però non sanno effettivamente di cosa si tratta”. A dichiararlo la dottoressa Sara Mappa, biologa nutrizionista pugliese, che ammette di non aver incontrato fino ad oggi pazienti del tutto desiderosi di “utilizzare in cucina prodotti derivanti dalla canapa”.
Dottoressa quali sono i benefici derivanti dalla canapa?
I semi di canapa sono un alimento recentemente rivalutato per il loro elevato contenuto di acidi grassi polinsaturi Omega 6 – Omega 3, in proporzione tale da garantire un buon effetto anti-infiammatorio e dunque positivo per la salute, e per la quantità e qualità delle proteine in essi contenute, tra le migliori del mondo vegetale, nonché per la loro ricchezza in fibre, vitamine e sali minerali.
Chi sono i pazienti più interessati?
In gran parte persone, per l’80% seguo il regime alimentare di donne, che già hanno limitato la propria alimentazione a una dieta vegetariana o vegana. Semi, farina e olio di canapa potrebbero essere consumati per diversificare le proprie scelte alimentari e per aumentare in tal modo l’apporto di acidi grassi essenziali e di proteine di buon valore biologico.
È vero che la cannabis stimola l’appetito?
È uno degli effetti collaterali più noti: la fame, i più giovani la definiscono chimica, colpisce dopo averne fatto uso. Una proprietà sfruttata in ambito terapeutico per stimolare l’appetito e contrastare la perdita di peso in pazienti oncologici o affetti di Aids. Un recente studio dell’Università di Yale, pubblicato sulla rivista Nature, chiarisce oggi le basi fisiologiche della fame indotta dall’utilizzo di cannabis, svelando un meccanismo d’azione in qualche modo paradossale: a guidare l’aumento di appetito provocato dal Thc (il principio attivo della cannabis) è infatti un gruppo di neuroni che normalmente si occupa di suscitare il senso di sazietà al termine di un pasto.
Per quale ragione alcuni medici sono contrari alla vendita della cannabis light?
Non è del tutto corretto parlare di “medici” lo è invece soffermarsi sul Consiglio superiore di sanità che proprio in queste settimane sta analizzando la pericolosità della cannabis. Nella sostanza il Consiglio ritiene che la pericolosità dei prodotti contenenti o costituiti da infiorescenze di canapa, in cui viene indicata in etichetta la presenza di ‘cannabis’ o ‘cannabis light’ o ‘cannabis leggera’, non può essere esclusa. La biodisponibilità di Thc seppure a basse concentrazioni (0,2%-0,6%, le percentuali consentite dalla legge) non è trascurata.
Lei cosa ne pensa?
Tra il prodotto con Thc pari a 0,2% e lo spinello che si recupera al parco, ad esempio, non ci sono dubbi che influenza maggiormente quest’ultimo. Certo però se si eccede tutto fa male, anche quei prodotti con un bassissimo quantitativo di Thc e di altri principi attivi inalati o assunti con le infiorescenze di cannabis sativa.
Quali sono i rischi?
Possono penetrare e accumularsi in alcuni tessuti, tra cui cervello e grasso, ben oltre le concentrazioni plasmatiche misurabili.
Molti invece sono contrari ai cannabis store. La cannabis può essere venduta?
La light, ossia quella leggera, può essere commercializzata per legge.