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Benessere umano ma non basta, il Decreto Rilancio rivede le condizioni degli animali allevati
Benessere animale o delle persone? L’uno non esclude l’altro e ne è testimonianza il decreto Rilancio che dedica ampio spazio al miglioramento – se così andrebbe definito – della condizioni degli italiani post emergenza COVID-19. Tuttavia l’occhio dei più è caduto sull’emendamento contenuto nel decreto e incentrato sul tema del benessere animale. Si tratta dell’articolo 224-bis, che in estrema sintesi informa della nascita di un “Sistema di qualità nazionale per il benessere animale” il cui compito è di dettare regole superiori a quelle già esistenti a livello nazionale ed europeo, per offrire requisiti di salute e benessere per gli allevamenti sopra gli standard di legge. Il tutto senza trascurare le tematiche relative alle politiche ambientali.
Approvando il Decreto Rilancio, la Camera dei Deputati ha dato così il via al “Sistema di qualità nazionale per il benessere animale” che sarà disciplinato e attuato da successivi decreti da parte dei Ministeri delle Politiche Agricole e della Salute. Adesso manca l’ok del Senato per gettare le basi giuridiche di questo nuovo “organismo”. L’adesione al Sistema sarà volontaria. Potranno farne parte tutti gli operatori che si impegnano ad applicare la disciplina produttiva propria del Sistema e che si sottopongono ai relativi controlli.
Il Sistema è costituito dall’insieme dei requisiti di salute e di benessere animale superiori a quelli delle pertinenti norme europee e nazionali, e dalle regole tecniche di gestione dell’intero processo di allevamento degli animali destinati alla produzione alimentare, compresa la gestione delle emissioni nell’ambiente, distinguendo per specie, orientamento produttivo e metodo di allevamento.
Nonostante l’attuale contesto emergenziale non contempli il “benessere animale” tra le priorità dell’Esecutivo, è doveroso ammettere che nel corso degli anni a livello governativo sono state apportate diverse e necessarie migliorie al settore zootecnico con lo scopo di migliorare le condizioni degli animali in allevamento, durante il trasporto e nelle diverse fasi di vita. Le gabbie sono state bandite per gli allevamenti dei vitelli, non esistono più in avicoltura e quando necessarie, ad esempio per le ovaiole, devono presentare spazi delle dimensioni indicate dalla normativa vigente. Stesso discorso per i suini, dove per proteggere i cuccioli si limitano i movimenti delle madri, che altrimenti potrebbero arrecare loro dei danni. Tuttavia sono gli allevatori i primi a richiedere tempestivi e ulteriori miglioramenti. Del resto, la stima dello stato di benessere degli animali in allevamento è relazionata all’esigenza di migliorare il benessere animale e renderlo compatibile con le esigenze di economicità e sostenibilità ambientale.
La legislazione europea conta numerose disposizioni relative al benessere animale in allevamento, norme poi recepite dalla legislazione nazionale. La Convenzione sulla protezione degli animali in allevamento di Strasburgo del 3 marzo del 1976 impegna gli Stati firmatari a proteggere gli animali allevati da inutili sofferenze, causate dalle condizioni dei ricoveri, dall’alimentazione o dalla mancanza di cure idonee.