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Charlie Gard. Un angelo caduto in volo e la battaglia impossibile del Bambino Gesù per accoglierlo
“Questa storia ci insegna che insieme si può aiutare. Sì, è vero, si è arrivati troppo tardi stavolta. Ma c’ è un lato positivo, anche nella tragica vicenda del piccolo Charlie. Non era infatti mai accaduto che su un singolo caso si muovesse la comunità internazionale, come è successo adesso, e questo insegna che se si lavora insieme e si fa sinergia c’è un’opportunità per i tanti Charlie che ci sono nel mondo e che verranno”. Questa per la presidente dell’Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma, dottoressa Mariella Enoc, è la vera eredità che lascia a tutti noi il piccolo e fragile Charlie Gard, il bambino britannico di 10 mesi affetto da una rara malattia genetica incurabile.
“Morirà sapendo che lo abbiamo amato”. Le parole pronunciate da Connie Yates e dal marito Chris Gard, i genitori del piccolo, che volevano portare il figlio negli Stati Uniti per una cura sperimentale e che invece hanno perso la battaglia legale terminata davanti alla Corte europea per i diritti umani, hanno intenerito l’intera comunità internazionale inducendo il presidente degli Stati Uniti Donald Trump, lo stesso Papa Francesco, e dunque il “suo” ospedale pediatrico, ad aprire le porte affinché vincesse la vita sulla morte. Abbiamo fallito! È questo il vero grido del Bambino Gesù che tuttavia attraverso le parole della presidente ha voluto spiegare nel dettaglio come sono andate le cose ripercorrendo le diverse fasi della trattativa. “Si è fatto tutto il possibile per rispondere all’appello della famiglia e cercare di dare un’opportunità di cura al piccolo”, spiega in una nota diffusa nel pomeriggio di ieri la Enoc. Tuttavia, “dopo aver fatto ciò che la mamma di Charlie ci aveva chiesto di fare abbiamo purtroppo constatato di essere arrivati forse troppo tardi”.
“Siamo arrivati in ritardo”. “Certo non si può sapere ora cosa sarebbe successo se si fosse arrivati sei mesi fa, come avrebbe risposto alle terapie il bimbo e il ricercatore romano non vuole neppure parlare di colpe mediche. Per parlare di responsabilità occorre avere delle linee guida e dei protocolli medici mentre per la malattia di Charlie Gard è non c’è nulla”. Forse è anche la prima volta, sostengono la Enoc e Enrico Silvio Bertini, il ricercatore dell’ospedale che ha visitato il piccolo a Londra una settimana fa, “che ci si avvicina con una terapia ad un caso del genere”. Sta di fatto che, probabilmente per le vicende giudiziarie in corso, “il bambino è stato messo in fase palliativa prolungata”.
La sola cosa che probabilmente è mancata nella vicenda inglese è infatti “l’accompagnamento, la relazione con i medici, far capire alla famiglia cosa sta succedendo al figlio”, ritiene la presidente Enoc, precisando che il bimbo sarebbe stato curato nell’ospedale romano gratuitamente “e non per pubblicità”, come qualcuno aveva supposto. “L’unica cosa che non è servita a Charlie è stata andare in tribunale, dovevano parlarsi medici e genitori”. Questo è il messaggio che un ospedale cattolico può dare – conclude Mariella Enoc – “senza ideologizzarsi ci siamo messi in corsa per dare un aiuto laico a Charlie”.
Questi momenti rappresentano per i genitori di Charlie gli ultimi atti di una tragedia, i cui epilogo a cui succederà la chiusura del sipario commuoverà la comunità internazionale come poche altre volte è accaduto. Tornati ieri presso l’Alta Corte di Londra perché vogliono che il bimbo venga trasferito a casa prima di staccare la spina, Connie e Chris non si arrendono dimostrando al mondo di voler trascorrere insieme al figlio di 11 mesi, “gli ultimi preziosi momenti”, prima dell’addio. I coniugi Gard, che lunedì 24 luglio hanno annunciato di voler rinunciare alla loro battaglia legale, intendono trascorrere “tutto il tempo possibile prima che Charlie vada via”.