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Chirurgia estetica post Covid-19, è boom di richieste in Oriente
Voce al Dermatologo Sam Jalbout
Labbra, zigomi, decollete e glutei. A seguito della prima fase dell’emergenza sanitaria in Italia si è registrato un vero e proprio boom delle richieste di interventi di chirurgia estetica. Il desiderio del maxi ritocco coinvolge tanto gli uomini quanto le donne che oggi, più che mai, hanno voglia di rifarsi il look dopo mesi di isolamento sociale, di mascherine e di limitazioni che hanno condizionato naturalmente le abitudini del quotidiano. Se in Italia, e negli altri Paesi occidentali, l’asticella delle richieste tocca l’apice, in Oriente si osa certamente di più con interventi più o meno invasivi e strutturati e con modelli tesi a imitare la bellezza occidentale. Tuttavia, per paesi come Cina, Iran e Libano non è questa una novità. A dirlo è Sam Jalbout, Dermatologo di Beirut attivo tanto in Libano e in Italia, a Ravenna, che afferma: “La corsa all’estetica ha preso il volo dapprima nei Paesi caldi per poi svilupparsi nell’area occidentale. Ciò che invece oggi è cambiato è l’approccio all’estetica nel mondo arabo”.
Sempre più, negli ultimi anni, in Libano la chirurgia estetica va per la maggiore. A cosa si deve questo boom di richieste e per quale ragione i libanesi, più di altri popoli, ricorrono a questa pratica medica?
Da sempre il Libano è stato un crocevia tra Oriente e Occidente e la sua cultura ha subìto l’influenza di numerose altre culture storiche: Fenici, Babilonesi, Macedoni, e ancora pensiamo all’Impero Romano e ai Bizantini per cedere il posto all’Islam fino all’intervento francese dell’era contemporanea. Questo melting pot culturale ha avuto come conseguenze una popolazione dai fenotipi variegati: dalla carnagione chiara, capelli biondi e occhi azzurri al fototipo scuro con occhi a mandorla. Questa diversificazione morfologica, da un lato, e l’alto livello di istruzione, dall’altro lato, hanno messo il Libano e nello specifico Beirut, la sua capitale, al centro dell’attenzione del mondo Mediorientale. L’alto livello di medicina, dovuto alla presenza di due Università di livello internazionale (l’università Saint Joseph de France e l’American University of Beirut) ha indotto le donne arabe ad avviare nel tempo una ricerca della perfezione che ha fatto di Beirut la ‘’Mecca” regionale della chirurgia estetica. Questo settore conosce il suo vero boom come lo sottolinea il giornale libanese francofono L’Orient Le jour, nel 2000. A partire da questo momento Beirut diventa la destinazione per il turismo estetico del Medioriente attirando circa il 40% dei pazienti all’anno proveniente dai vari paesi arabi.
Un indotto economico non da poco, dunque..
Gli interventi di chirurgica plastica eseguiti nel Libano si aggirano attorno ad 1,5 milioni all’anno e quasi 10 milioni invece il numero annuo di trattamenti estetici, come il botulino e l’acido ialuronico. I mediorientali in generale e i libanesi nello specifico seguono ardentemente la cultura del Bello, cercando la perfezione estetica data dal ruolo di “vetrina” che rappresenta il paese sia sul versante orientale che da quello occidentale. La vivacità del popolo, lo sviluppo della vita all’aperto data dal clima mite perenne e l’intenso turismo regionale lussuoso hanno portato le donne libanesi a cercare sempre di più la perfezione della loro apparenza. Per una libanese essere bella e appariscente non è una questione di lusso, ma fa proprio parte della sua identità culturale. Questo trend ha anche colpito la popolazione maschile in una percentuale che supera il 30%.
Qual è l’intervento più richiesto?
Numerose sono le richieste dei pazienti che ricorrono alle cure estetiche in Medioriente, nello specifico a Beirut. Malgrado le guerre che hanno sempre rallentato lo sviluppo che si merita il Libano, nella corsa verso l’industria della bellezza il Paese si piazza in seconda posizione a livello mondiale dopo il Brasile. Le richieste più frequenti hanno a che vedere con la rinoplastica (rimodellamento del naso), la blefaroplastica (togliere l’eccesso di cute e di borse dalle palpebre), la mastoplastica (aumento, riduzione e lifting del seno), l’addominoplastica/ liposcultura (rimodellamento della silhouette del corpo) e il lifting del viso. Per gli uomini invece il trapianto dei capelli si conferma il trattamento più richiesto. Se la chirurgia estetica raggiunge 1,5 milioni di interventi all’anno, la sua versione più soft con medicina estetica batte il record con oltre 10 milioni di prestazioni. Sono in pole position le iniezioni di botulino per distendere le rughe della mimica, il riempimento delle labbra con acido ialuronico e il lifting liquido non chirurgico del viso.
L’ideale di bellezza europeo ha avuto un ruolo primario nel boom della chirurgia estetica in questi Paesi?
La corsa all’estetica ha preso il volo in un primo momento nei paesi caldi per poi svilupparsi nei paesi occidentali. Negli anni passati, l’approccio all’estetica nel mondo arabo era un tantino esagerato: bisognava sfoggiare a tutti i costi la bellezza a 360 gradi, renderla appariscente al punto da suscitare gelosia fra le donne come se fossero concorrenti tra di loro e alla ricerca di un’opportunità lavorativa migliore. Gradualmente la globalizzazione ha aperto le frontiere anche dal punto di visto estetico: oggi si osservavano nuovi trend di bellezza ispirati alle scuole europee. Questo ha consentito di rivalutare il concetto dell’eccesso mediorientale permettendo di istruire le pazienti ad un approccio più naturale. In effetti la tendenza attuale cerca di risaltare la bellezza mediorientale con delicati ritocchi mettendo in mostra al meglio la peculiarità delle donne arabe: labbra più definite ma meno voluminose, seno liftato ma di volume moderato, viso definito ma meno gonfio.
La chirurgia estetica è un’ottima risposta a difetti fisici e ad insicurezze. Lei opera tra l’Italia e il Libano. In che modo cambiano le richieste di coloro che si rivolgono al suo studio per un intervento?
In ambito lavorativo, i desideri estetici cambiano a seconda della localizzazione geografica. In Italia c’e molta attenzione alla cura del corpo, spesso anche funzionale oltre che estetica. Faccio riferimento, ad esempio, al trattamento delle vene varicose delle gambe o alla fastidiosissima cellulite. Quando parliamo invece di terapie applicabili sul viso, il concetto di naturalezza spicca: ritocchi leggeri sono sempre graditi senza dover stravolgere i propri connotati. Principalmente mi viene chiesto di eseguire la tecnica di bioristrutturazione che consiste nell’iniettare attraverso aghi sottilissimi un cocktail di acido ialuronico liquido, vitamine e aminoacidi che vanno a ristrutturare la pelle, dandole luminosità e compattezza. In quest’ultimo trattamento riconosco molto il mio approccio alla medicina estetica che deve rispettare la fisionomia di ogni paziente consentendo cosi al paziente di ‘invecchiare in buona salute’. Sull’altra costa del Mediterraneo invece le richieste sono più sostanziose: labbra ben designate, viso più contornato, sopraciglia ben liftate. Ad ogni modo, il Libano rappresenta il trait d’union fra Oriente e Medioriente.
Non sempre chirurgia estetica, e più in generale la sanità, e la solidarietà vanno a braccetto. Nel suo caso invece diverse sono state le occasioni in cui questi due mondi si sono incontrati.
Beirut ha un destino segnato dall’avidità delle potenze mondiali: un piccolo bijou del Mediorente, la Svizzera del Medioriente, che ha sempre succitato l’interesse delle nazioni leader del mondo. Questo ha sfortunatamente portato a una serie di conflitti sul territorio libanese. La mia generazione è cresciuta in un clima di tensione e ricostruzione fino ai nuovi episodi degli anni 2000. Questo vissuto ha lasciato una forte impronta nella mia persona stimolandomi ad aiutare il prossimo prima attraverso lo svolgimento del mestiere di medico e successivamente attraverso il mio impegno dal punto di vista sociale in diverse azioni mirate al sostegno altrui. Se è vero che la medicina estetica viene considerata come lusso, oggi occorre sfatare questo concetto. La considero come una branca della medicina attraverso cui si cerca di stabilire un equilibrio fra la psiche e la fisicità di ognuno di noi. Ho sempre creduto nelle ‘attività impegnate’ a favore di una buona causa. Cosi come un cantante può cantare contro il razzismo, un ballerino può salire sul palco di un teatro contro la violenza, anche un medico può impegnarsi sul fronte solidale.