Questo sito Web utilizza i cookie in modo che possiamo fornirti la migliore esperienza utente possibile. Le informazioni sui cookie sono memorizzate nel tuo browser ed eseguono funzioni come riconoscerti quando ritorni sul nostro sito Web e aiutare il nostro team a capire quali sezioni del sito Web trovi più interessanti e utili.
Coldiretti: in Italia morta una pianta da frutto su tre. Appello salva-ambiente alle famiglie
Una delle glorie dell’Italia è il suo prendersi cura dell’ambiente e della terra che per secoli le ha donato grandi frutti permettendole di essere annoverata tra i Paesi più ricchi e sviluppati di tutto il mondo. Dati essenziali se correlati all’andamento dell’economia nazionale e allo sviluppo del settore terziario che ogni anno sempre più compie passi da gigante grazie anche alla nascita di imprese agricole a gestione familiare. Malgrado questa particolare cura green degli italiani oggi il Belpaese si trova a dover fare i conti con la natura e con i suoi primi rimproveri alla malagestione dell’ambiente da parte dell’uomo.
A quanto pare, infatti, dal 2002 ad oggi a seguito della scomparsa di oltre 140mila ettari di piante di mele, pere, pesche, arance, albicocche e frutti minori, l’Italia rischia seriamente di perdere il primato europeo nella produzione di una delle componenti principali della Dieta Mediterranea. Si tratta dell’allarme lanciato dalla Coldiretti in occasione della “Festa degli alberi nelle scuole” istituita con Decreto Ministeriale delle Politiche Agricole e della Pubblica Istruzione. La denuncia arriva a pochi giorni dalla pubblicazione della classifica “Bloomberg Global Health Index su 163 Paesi che colloca l’Italia al vertice dei Paesi con la popolazione maggiormente in salute e sana a livello mondiale proprio grazie alla dieta mediterranea che ha garantito agli italiani di conquistare valori record nella longevità con 80,3 anni per gli uomini e 85,2 anni per le donne.
“In Italia – spiega la Coldiretti, la maggiore associazione di rappresentanza e assistenza dell’agricoltura italiana fondata nel 1944 – nel secolo scorso esistevano 8.000 varietà di frutta, mentre oggi sono meno di 2.000, di cui 1.500 a rischio di estinzione nonostante il lavoro del numero crescente di agricoltori impegnati nella riscoperta dei frutti dimenticati del passato ai quali vengono riconosciute spesso proprietà “medicinali” dalla farmacopea popolare e non, come la pera cocomerina già rappresentata nei quadri rinascimentali e riscoperta per le proprietà antiossidanti, le giuggiole considerate efficaci nell’alleviare gli stati d’ansia, il nervosismo e la depressione o il corbezzolo astringente ed antidiarroico e antinfiammatorio delle vie biliari, del fegato e di tutto l’apparato circolatorio”.
La superficie coltivata a frutta sul suolo nazionale negli ultimi quindici anni è inoltre diminuita nettamente diminuita passando da 426mila ettari a 286mila, secondo le elaborazioni Coldiretti sugli ultimi dati Istat sulle coltivazioni legnose agrarie. La vera causa della scomparsa delle piante da frutto è stato il crollo dei prezzi pagati agli agricoltori che non riescono più a coprire neppure i costi di produzione. Il taglio maggiore – specifica la Coldiretti – ha interessato i limoni, con la superficie dimezzata (-50 per cento), seguiti dalle pere (-41 per cento), pesche e nettarine (-39 per cento), arance (-31 per cento), mele (-27 per cento), clementine e mandarini (-18 per cento). La produzione ortofrutticola italiana oscilla mediamente attorno ai 23 milioni di tonnellate, di cui il 46 per cento in volume di ortaggi in piena aria il 29 per cento di frutta, il 12 per cento di agrumi, il 7 per cento di ortaggi in serra, il 6 per cento di patate, lo 0,5 per cento di leguminose.
“Il disboscamento delle campagne italiane è il risultato – informa la Coldiretti – di una vera invasione di frutta straniera con le importazioni che negli ultimi 15 anni sono aumentate del 42 per cento ed hanno quasi raggiunto i 2,15 miliardi di chili”. Per questo l’appello salva-campagne della Coldiretti si rivolge principalmente alle famiglie che lavorando sulla cooperazione e sulla esperienza possono promuovere e riqualificare i terreni che possiedono con nuove colture. Auspicio questo che arriva tra l’altro alla vigilia di una nuova scoperta scientifica riguardante la difesa della natura e delle terre in cui viviamo. Secondo una ricerca canadese pubblicata sull’Australian Journal of Environmental Education, i bambini che trascorrono maggior tempo all’aperto svolgendo attività ludiche a contatto con il verde hanno una maggiore propensione a lavorare per l’ambiente una volta adulti.
Lo studio condotto intervistando un campione di 50 studenti universitari di età compresa tra 18 e 25 anni ha rilevato che l’87% di coloro che da bambini giocavano all’aperto ha continuato ad amare la natura anche in età matura. Dello stesso gruppo di giovani adulti l’84% ha affermato che prendersi cura dell’ambiente è una priorità. Secondo Catherine Broom, autrice dello studio, “lo sviluppo di esperienze positive nella natura in giovane età può influenzare i nostri comportamenti nei confronti della natura da adulti”. Di sicuro sono necessari altri studi, evidenzia la ricercatrice, ma a suo avviso progetti e programmi – soprattutto scolastici – che promuovono esperienze in natura possono aiutare le nuove generazioni ad agire in modo sostenibile e a costruire un futuro più green ed ecocompatibile.