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Coronavirus: come gestire l’ansia
NE PARLIAMO CON LA PSICOLOGA-PSICOTERAPEUTA MARINELLA COZZOLINO
Supermercati presi d’assalto, scuole chiuse, quarantena, effetti speculativi sui prezzi degli igienizzanti per le mani e mascherine, fake news sono alcune delle conseguenze del nuovo Coronavirus, l’infezione responsabile dell’epidemia di polmonite che ha avuto origine nella città di Wuhan nella provincia di Hubei in Cina, che è arrivata anche in Italia. Per contenere la diffusione dell’epidemia il Ministero della Salute, l’Istituto Superiore di Sanità e la Protezione Civile hanno messo a punto delle misure preventive e quotidianamente tramite i siti ufficiali e conferenze stampa aggiornano l’opinione pubblica, cercando di contenere anche un aspetto molto importante da non sottovalutare: la paura.
Tante notizie, purtroppo anche non fondate, stanno contribuendo ad alzare l’asticella del timore della popolazione italiana. La domanda è: quanto dobbiamo preoccuparci del nuovo Coronavirus? E soprattutto: come gestire l’ansia (la paura dell’ignoto cit. dott.ssa Marinella Cozzolino) in una situazione delicata di salute pubblica che è arrivata con il nuovo anno?
Ne parliamo con la psicologa-psicoterapeuta Marinella Cozzolino.
Dott.ssa Cozzolino, prima di entrare nel vivo dell’aspetto psicologico del fenomeno Coronavirus, le vorrei chiedere: che idea si è fatta di tutta questa situazione?
Grazie per questa domanda perché la questione parte proprio da qui. Che idea ci siamo fatti? In situazioni di questo tipo dovrebbe essere considerato assurdo farsi idee personali, ma purtroppo la comunicazione è così distorta ed ambivalente che non è possibile ascoltare e credere a quello che ci viene detto dai media. Ad oggi, dopo i primi giorni in cui si parlava di pandemia, la maggior parte dei virologi minimizza ritenendo ciò che sta accadendo una banale influenza. Intanto però ci sono paesi in quarantena, scuole chiuse e sui piazzali degli ospedali stanno allestendo campi utili al primo soccorso. Sembrerebbe un enorme controsenso. Questa è la mia idea, purtroppo. Una serie di evidenti controsensi possono solo nascondere enormi bugie.
Fenomeni come questo evidenziano differenze nella gestione del rischio? Quanto influisce il contesto in cui si vive la stessa situazione? Il contesto influisce sicuramente ma così non dovrebbe essere. La mia idea è che l’Italia sia una ed in maniera uniforme andava trattata. Oggi grazie ai treni superveloci e alle offerte aeree low-cost la gente si muove di più e tantissimo. Credo che la gente stia iniziando ad evitare di dirlo. Per paura della quarantena ed anche per un sottile velo di imbarazzo. Essere infettivi ad alcune persone deve sembrare una cosa brutta.
I pericoli purtroppo vengono ingigantiti dai messaggi che circolano in rete, dall’amica che riferisce di aver sentito dire…Tutto questo inevitabilmente genera una paura eccessiva, è così?
Ad essere onesta io non ho sentito in giro paura. Sembrerà assurdo quello che dico ma la situazione completamente nuova per tutti, l’interruzione costante delle trasmissioni televisive per fornire informazioni, ed il passa parola che si è generato, hanno dato vita ad una situazione più elettrizzante che deprimente. Questo ovviamente fuori dalla zona rossa. Chi ha dovuto chiudere attività e fabbriche e chi è stato molto male non ha vissuto questo.
La paura può trasformarsi in ansia e attacchi di panico. In che modo è possibile evitarlo?
Non si tratta di paura ma di ansia che è proprio la paura dell’ignoto. Non sappiamo cosa accadrà né come difenderci e questo genera ansia. Anche questo aspetto sembra assurdo. Gel disinfettanti da usare mille volte al giorno per le mani, evitare di toccare banconote, maniglie, oggetti… è qualcosa di umanamente impossibile. Si può stare attenti ma non si può evitare questo tipo di contatto. Ovviamente, come si è potuto notare nessuno ha parlato di contatti intimi e sesso. Credo sia stato il canale preferenziale dell’infezione.
Qual è la conseguenza principale dell’allarmismo dal punto di vista psicologico e sociale?
Ha presente la storia di “al lupo, al lupo”? Ecco credo accadrà questo. La gente continuerà a fidarsi della portiera perché dello Stato non si fida più nessuno. Per rispondere alla domanda quindi, il problema principale è nella distruzione della fiducia. In pochi giorni gli italiani sono stati terrorizzati e gettati in situazioni per loro sconosciute tipo la quarantena. Interi paesi sono stati blindati e poi per aver fatto alcune famiglie spesa per due settimane (i quattordici giorni della quarantena) sono stati derisi. Cosa avrebbero dovuto fare? Andare a fare la spesa dopo essersi ammalati? Sembra una cosa stupida ma è esempio di enorme incoerenza. Fa sorridere ma è come quando, da piccoli al parco, le mamme ci dicevano corri ma non sudare o gioca ma non ti sporcare. Ecco, la stessa cosa.
Bambini e Coronavirus. I bambini si accorgono dell’incertezza e della preoccupazione dei grandi. Come rispondere alle loro domande e soprattutto come gestire le loro paure?
Ai bambini vanno raccontate le cose come stanno senza agitarli inutilmente. Ma come stanno le cose? In realtà non lo sappiamo ancora bene ma il “non lo so” di un adulto può creare più problemi al bambino di una risposta chiara che può sembrarci negativa. Trasmettere dubbi è un errore che non dovremmo mai fare. Attenzione però, i genitori non devono sapere tutto comunque. Basta dire “sto cercando di capire, per ora non è ancora chiaro, tuttavia dovrebbe trattarsi di un po’ di febbre e raffreddore”.
Il Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi ha stilato un decalogo “anti-panico” composto da 10 punti per una gestione emotiva dei timori del Coronavirus: “Questo breve vademecum non vuole essere esaustivo né sostituirsi ad un aiuto professionale. È un contributo per riflettere ed orientare al meglio i nostri pensieri, emozioni e comportamenti – individuali e collettivi – di fronte al problema Covid-19. Pochi minuti del vostro tempo per una lettura che ci auguriamo possa esservi utile”. David Lazzari – Presidente CNOP – 26 febbraio 2020
Dott.ssa Cozzolino, il documento del Consiglio Nazionale degli psicologi è uno strumento rassicurante?
È rassicurante il fatto che l’ordine degli psicologi si sia attivato per divulgare questo documento. È un modo per dire che noi ci siamo e siamo a disposizione. Il problema però è dato dal fatto che, in questo momento di enorme confusione, la gente non ha voglia di farsi domande ma di ricevere risposte. In teoria noi ancora non abbiamo ben capito se c’è da preoccuparsi o no. Se il pericolo c’è o no. In una situazione di dubbio così potente gli psicologi possono fare poco. L’errore è stato commesso a monte quando si è parlato tanto, tantissimo di imminente catastrofe. Ad oggi sembra tutto molto ridimensionato ma, come dicevo a proposito dei bambini, alla gente è rimasto un dubbio.
Quanto è importante il supporto dello specialista in questo momento? E quando è necessario?
Il sostegno e soprattutto l’esempio dello specialista sono importanti. Ai nostri parenti dobbiamo trasmettere anche un po’ del nostro modo di stare al mondo. Diviene necessaria qualche seduta di psicoterapia quando l’ansia diviene invalidante, quando cioè per paura dei virus, degli altri e del mondo, si evita di svolgere faccende di quotidiana amministrazione.
Alla luce di quanto detto, quali sono i suoi consigli?
Rispettare le linee guida, che male non fanno mai.
Costruirsi intanto una propria idea e decidere il proprio comportamento. È fondamentale non andare troppo contro se stessi e la propria natura, senza mai però dimenticare le regole imposte.
Evitare di parlare sempre di virus ed influenze varie.
Stare attenti ai sintomi del proprio corpo ma senza diventare paranoici. Basta lavare spesso e bene le mani e misurare la temperatura due volte al giorno se si ha la sensazione che si stia alzando. Passeggiare molto all’aperto. Si evitano mezzi pubblici e si guadagna una linea migliore in previsione dell’estate.