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Crescere in professionalità

15 Luglio 2014

Osservando dall’esterno le gestione di fascicoli relativi ad assistenza malattia, o infortuni, difficilmente ci si rende conto della complessità cui l’operatore si trova di fronte.Superficialmente si è portati a credere che sia sufficiente seguire i protocolli: applicare le normative che prescrivono per ogni singolo assistito le estensioni e i limiti, delle prestazioni, le eventuali franchigie o scoperti, e quali di queste prestazioni siano escluse, per loro natura, dal beneficio del rimborso.

Ma non è così, o almeno non è così semplice!

È pur vero che un buon sistema informatico è di grande ausilio, permettendo la gestione delle pratiche di rimborso in modo automatico, calcolando per ogni singola patologia, e conseguente prestazione, quale sia il limite della somma rimborsabile, quali siano gli scoperti o franchigie relativa al tipo di contratto, eliminando il possibile errore umano nei calcoli numerici di queste somme, ma, come tutte le macchine, restituisce quello che gli è stato inserito.

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In altre parole colui che potremmo chiamare “liquidatore”, deve valutare per ogni fascicolo   quali siano i criteri da adottare nel singolo caso, che spesso può avere caratteristiche, anche se sottilmente sfumate, diverse da altri, con conseguenti diversi criteri di applicazione delle regole. Per chiarire meglio lo spirito di quanto esposto, indichiamo un semplice caso, fra i tanti, in cui l’operatore deve soffermarsi prima di inserire un codice numerico che applica meccanicamente la normativa: moltissimi disciplinari, distinguendo per Ente e livello professionale dell’assistito, pongono, giustamente, particolari limiti o scoperti, quando non addirittura esclusioni, a cure dentarie e ortodontiche; questo avviene inserendo un codice numerico corrispondente a quanto inerente qualcosa come “bocca e cavo orale”, intendendo ivi comprese tutte le cure relative a questa parte dell’organismo.

Ma le esclusioni e i limiti sopra descritti, nello spirito della norma, devono intendersi relativi a ogni intervento che riguardi la dentatura, l’impiantologia, interventi che in massima parte, poi, sono di natura estetica, e non altro. Se nel cavo orale, sotto la lingua o nel palato emerge una neoformazione sospetta, che magari necessita di biopsia e relativo esame istologico, questa patologia non riguarda una cura dentaria, è ben altra cosa, e come tale va trattata e rimborsata. Però se un operatore inserisce nel sistema il codice di “bocca e cavo orale”, il sistema rifiuta quell’intervento! Ecco dove emerge la professionalità di chi ha la responsabilità di corrispondere agli assistiti la corretta prestazione, il giusto rimborso, evitando eventuali reclami e richieste di revisione, che, oltre a costare tempo, non contribuiscono al mantenimento del rapporto fiduciario fondamentale in un settore delicato come quello della salute tra Ente assistenziale e assistiti.

E questa professionalità come si forma?

A meno che non si provenga almeno da alcuni anni di studio in facoltà sanitarie, se non alla laurea, un giovane non possiede quel bagaglio culturale ineludibile per poter consapevolmente gestire il sistema meccanico, valutando le singole situazione, inserendo correttamente quanto permette poi al sistema di restituire le risposte giuste.Questo bagaglio culturale, che genera la competenza, deve essere acquisito, come dire, “sul campo”, ovvero lavorando e imparando …. strada facendo. Per ottenerlo, innanzi tutto, occorre avere buoni maestri; nella fase di formazione, che avviene mediante affiancamento, ovvero gestione di fascicoli insieme a collega già esperto, il cui compito è proprio quello di insegnare la metodologia da seguire per liquidare correttamente re un sinistro.

In questa, delicata, fase chi è preposto alla formazione dei nuovi colleghi deve avere la capacità di trasferire non solo le competenze già acquisite, ma il metodo stesso con il quale le ha acquisite, quindi i buoni maestri sono merce abbastanza rara, risorse preziose da non sottovalutare. Ma non solo: c’è una componente fondamentale per costruire la professionalità, e questa è la curiosità, curiosità intesa come negazione della superficialità,della routine, della meccanicità nella propria attività. È curioso chi vuole capire perché si applica o no una certa regola, perche questo caso è diverso da un altro, anche se apparentemente sono assai simili, come ogni individuo è diverso dagli altri. È curioso chi poi continua ad aggiornarsi, chi vuole conoscere le nuove tecniche diagnostiche e terapeutiche, chi insomma non si limita a applicazioni ripetitive di norme meccaniche. È curioso chi si confronta costruttivamente con i colleghi, chi pone domande, chi insomma desidera ampliare la propria professionalità e non limitarsi alla routine sopra menzionata.

Questo è un buon professionista, e questa consapevolezza è di per se gratificante, e aggiunge stimoli alla propria crescita. Altro fattore importante è la propria semantica, la proprietà di linguaggio, la capacità di esprimere chiaramente i concetti che si vogliono trasferire… In questo lavoro il rapporto con il pubblico è fondamentale, e occupa, inoltre, gran parte del tempo lavorativo; quando si devono illustrare le modalità da seguire per ottenere quanto dovuto, oppure, cosa più difficile, quando si deve spiegare a un assistito che non ha compreso. O non è soddisfatto, del rimborso ottenuto, bisogna essere ragionevolmente certi di conoscere bene l’argomento e di poter dare le informazioni corrette, con linguaggio comprensibile, e possibilmente sintetico.

Questo linguaggio, soprattutto, non deve essere comprensibile per l’operatore, ma per chi ascolta, ovvero deve essere al livello della casalinga settantenne, o al top manager, quindi occorre affinare le proprie attitudini intuitive per valutare in tempi rapidi quale è il livello di comprensione dell’interlocutore, e adattare tempestivamente il discorso a questo: non si deve parlare a noi stessi, e non vi è alcun bisogno di essere artificiosi o forbiti. Anche questa parte di professionalità si incrementa col tempo e con l’attenzione a cosa ( e a volte a come) ci esprimiamo, osservando come cambi l’atteggiamento di chi ci ascolta quando si rende conto della qualità della nostra figura professionale.

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ivo.fiorelli
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