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Donne e prevenzione: chirurgia profilattica per non ammalarsi di tumore al seno e all’ovaio, la prima indagine italiana
Negli ultimi anni è aumentata la consapevolezza con una maggiore attenzione nei confronti dell’intervento chirurgico per rimuovere le ovaie e le tube di Falloppio per evitare il rischio di ammalarsi di tumore. Il merito va riconosciuto alla famosa attrice americana Angelina Jolie che, qualche anno fa, si è sottoposta a all’intervento di “riduzione di rischio” dopo aver eseguito nel 2013 a una doppia mastectomia e in quanto predisposta geneticamente, attirando così l’attenzione dell’opinione pubblica diventando un vero e proprio caso.
L’esame del sangue che rileva una mutazione del gene BRCA1 e la familiarità incidono sulla possibilità di ammalarsi di tumore al seno e all’ovaio come spiegato in un’intervista pubblicata su la Voce di Mba dal professore Saverio Danese, Direttore Ginecologia e Ostetricia 4 dell’Ospedale Sant’Anna della Città della Salute di Torino.
“Condivido la scelta dell’attrice – ha detto nel corso dell’intervista il Professor Danese – che ha esportato le ovaie e le tube di Falloppio per evitare il rischio di ammalarsi di tumore perché le possibilità di avere una diagnosi precoce sono pochissime e poi una volta tolte le ovaie il rischio di avere il tumore è pari al 99%. È anche vero che la scelta della Jolie, seppur dolorosa, è stata meno difficile perché lei ha dei figli. La decisione deve essere ben ponderata dalla paziente perché gli ostacoli maggiori sono appunto il desiderio di maternità e anche quello psicologico. Bisogna capire se la donna è in grado di sopportare lo stress della situazione, ci sono donne che si fanno operare immediatamente e altre che addirittura rifiutano di sottoporsi al test genetico. C’è anche da valutare l’aspetto estetico: l’esportazione di un seno è sicuramente più mutilante perché è un organo che si vede, motivo per il quale c’è la possibilità di una sostituzione protesica immediata. Le ovaie invece è un organo che non si vede e l’esportazione, che si esegue con un intervento in laparoscopia, comporterà una menopausa forzata con dei cambiamenti fisici e non è più possibile avere dei figli”.
Il caso Jolie ha avuto un grande impatto anche in Italia. Quali sono le motivazioni che spingono le donne a sottoporsi a questo tipo di interventi chirurgici? E quanto incide sulla loro qualità di vita personale, sociale e di coppia?
A queste domande ha risposto un campione di donne sottoposte all’intervento, in un’indagine su tutto il territorio italiano in corso di pubblicazione sulla prestigiosa rivista scientifica internazionale Journal of Clinical Medicine, realizzata dal Centro per i tumori ereditari della donna dell’ospedale Mauriziano di Torino (diretto dalla professoressa Nicoletta Biglia), in collaborazione con aBRCAdaBRA. Gli interventi a cui si fa riferimento – si legge nella nota – consistono nella mastectomia bilaterale con ricostruzione protesica immediata per prevenire il tumore della mammella e nell’asportazione delle ovaie e delle tube appena completata la famiglia per prevenire il tumore ovarico.
Tutte le donne intervistate erano portatrici del gene alterato, di solito BRCA 1 e BRCA 2, alcune avevano già avuto il tumore, altre avevano eseguito l’accertamento genetico in quanto appartenenti a famiglie con mutazione ed erano sane, ma a conoscenza del loro stato di rischio. Molte avevano già subito l’intervento, alcune avevano deciso di sottoporvisi più avanti non appena completata la famiglia, altre invece hanno risposto all’invito pur avendo optato per un programma di sorveglianza intensiva invece dell’intervento.
In sintesi, sono emersi molti aspetti interessanti ed alcune criticità. Il principale è che le donne in generale sono soddisfatte della decisione presa, perché la riduzione dell’ansia di ammalarsi di tumore prevale su tutti gli altri aspetti ed oltre il 90% rifarebbe la stessa scelta e la consiglierebbe a donne nella medesima condizione. Per quanto riguarda la mastectomia, il principale aspetto negativo segnalato è l’aspetto estetico non sempre del tutto soddisfacente e la ridotta sensibilità della mammella ricostruita. L’ovariectomia profilattica è stata scelta da più dell’80% del campione per la preoccupazione di un possibile sviluppo di un tumore ovarico e per la mancanza di efficaci alternative di sorveglianza. Più dell’80% delle donne si dichiara soddisfatta delle informazioni ricevute sugli aspetti oncologici, ma solo la metà ritiene di essere stata adeguatamente informata sulle conseguenze dell’intervento e sulle possibilità di trattamento. Infatti quasi due terzi delle donne, dopo l’intervento, ha sviluppato importanti sintomi menopausali (vampate di calore, insonnia, secchezza vaginale, dolore nei rapporti sessuali), che nella maggior parte dei casi sono stati trattati in modo poco efficace. Da sottolineare che le poche donne (soltanto il 4%) che rivaluterebbero la scelta della chirurgia preventiva erano tutte in premenopausa e con disturbi menopausali successivi all’intervento, che ne hanno influenzato fortemente la qualità di vita. Infine, per quanto riguarda il coinvolgimento del partner il 70% delle operate dichiara di essere stata completamente onesta con il partner nel manifestargli le sensazioni, positive e negative, che provava. Anche se la decisione di sottoporsi alla chirurgia preventiva vede quasi sempre coinvolto e consenziente il partner, la scelta finale è in più della metà dei casi individuale: le donne hanno preso la decisione da sole nel 58% dei casi per la mastectomia e nel 48% per l’ovariectomia. In pochi casi (2%) la decisione è stata presa contro il parere del partner.
L’indagine rappresenta la prima testimonianza diretta della complessità del percorso e delle scelte che le donne con mutazione BRCA devono affrontare e sottolinea la necessità di ricevere un counselling da personale altamente specializzato ed un percorso clinico organizzato sia prima che dopo l’intervento.