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Giornata Internazionale dell’eliminazione della violenza sulle donne: misure concrete per combattere il femminicidio
“Se domani sono io, mamma, se domani non torno, distruggi tutto. Se domani tocca a me, voglio essere l’ultima”. È una delle frasi della poesia scritta da Cristina Torre Cáceres, attivista peruviana, contro i femminicidi che Elena Cecchettin, sorella di Giulia 22enne veneta uccisa l’11 novembre con diverse coltellate dal suo ex fidanzato Filippo Turetta, ha condiviso sulle pagine social. Giulia è la 105 vittima di femminicidio dall’inizio dell’anno 2023 e arriva a pochi giorni dal 25 novembre, la Giornata contro la violenza sulle donne.
La Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, non è una data scelta a caso. Ricorda un brutale assassinio, avvenuto il 25 novembre 1960 nella Repubblica Dominicana, ai tempi del dittatore Rafael Leónidas Trujillo.
Tre sorelle, Patria, Maria Teresa e Minerva Mirabal, considerate rivoluzionarie perché impegnate politicamente, furono torturate, massacrate, strangolate. Buttando i loro corpi in un burrone, venne simulato un incidente, al quale nessuno credette.
La Giornata è stata istituita dall’Onu con la risoluzione 54/134 del 17 dicembre 1999. La matrice della violenza contro le donne può essere rintracciata ancor oggi nella disparità nei rapporti tra uomini e donne. E la stessa Dichiarazione adottata dall’Assemblea Generale Onu parla di violenza contro le donne come di “uno dei meccanismi sociali cruciali per mezzo dei quali le donne sono costrette in una posizione subordinata rispetto agli uomini”.
Secondo l’Articolo 1 della Dichiarazione sull’Eliminazione della Violenza contro le Donne, emanata dall’Assemblea Generale nel 1993, la violenza contro le donne è “ogni atto di violenza fondata sul genere che abbia come risultato, o che possa probabilmente avere come risultato, un danno o una sofferenza fisica, sessuale o psicologica per le donne, incluse le minacce di tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, che avvenga nella vita pubblica o privata”.
“La violenza contro le donne è una terribile violazione dei diritti umani, una crisi sanitaria pubblica e un grave ostacolo allo sviluppo sostenibile. È persistente, diffusa e in peggioramento”, ha detto il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres. “Dagli abusi sessuali al femminicidio assume molte forme – ha aggiunto – ma tutte affondano le loro radici nell’ingiustizia strutturale, cementata da millenni di patriarcato. Viviamo ancora in una cultura dominata dagli uomini che lascia le donne vulnerabili negando loro l’uguaglianza in dignità e diritti. Ne paghiamo tutti il prezzo”.
Il femminicidio rappresenta una delle più gravi manifestazioni di violenza di genere nella nostra società. Questo fenomeno, caratterizzato dall’omicidio di una donna a causa del suo genere, è un grido d’allarme che ci spinge a riflettere sulle radici profonde di una cultura che perpetua l’oppressione femminile.
Per comprendere e combattere il femminicidio, è essenziale esplorare le cause profonde e le radici culturali che lo alimentano. Spesso, il femminicidio è il risultato di una combinazione di fattori, tra cui la persistenza di norme patriarcali, la mancanza di parità di genere, la scarsa educazione sulla violenza domestica e l’inefficacia dei sistemi legali nel proteggere le vittime.
Le radici culturali giocano un ruolo significativo. Stereotipi di genere dannosi, che dipingono le donne come inferiori o oggetti di possesso, contribuiscono a creare un clima in cui la violenza può fiorire. La sfida consiste nel cambiare queste mentalità profondamente radicate, promuovendo la consapevolezza e l’empowerment delle donne.
Nonostante l’attivismo, nonostante le leggi, in molti Paesi del mondo tra cui l’Italia si consuma una strage di donne, ancora uccise, stuprate, picchiate.
È urgente adottare misure concrete per contrastare il femminicidio. Ciò include l’implementazione di leggi più severe e il miglioramento dei sistemi giuridici per garantire che i colpevoli siano chiamati a rispondere delle loro azioni. Inoltre, è essenziale investire in programmi educativi volti a cambiare le mentalità, creando una società in cui le donne non siano più viste come oggetti di controllo, ma come individui liberi e autonomi.
Il reato di femminicidio è entrato a far parte del nostro Codice penale: nel 2013 il Parlamento italiano ha ratificato la convenzione di Istanbul e approvato le “disposizioni urgenti per il contrasto della violenza di genere” previste dal cosiddetto decreto anti-femminicidio (n. 93 del 14 agosto), convertito nella legge 15 ottobre 2013.
Nel 2017 è stata istituita in Senato la Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio e su ogni forma di violenza di genere. La Legge n. 69 del 2019 ha inasprito maggiormente le pene per chi si macchia dei reati di violenza domestica e di genere.
Dopo l’omicidio di Giulia Cecchettin, il Senato ha accelerato sulle misure di contrasto alla violenza sulle donne e ai femminicidi. Il 22 novembre all’unanimità il ddl Roccella è diventato legge.
Sono 19 gli articoli che lo compongono con misure che passano dal braccialetto elettronico alla formazione degli operatori fini agli indennizzi per le vittime.
L’articolo 1 estende l’ambito di applicazione non solo della disciplina dell’ammonimento del questore, sia d’ufficio che su richiesta della persona offesa, ma anche degli obblighi informativi alle vittime di violenza da parte delle forze dell’ordine, dei presidi sanitari e delle istituzioni pubbliche.
L’articolo 2 apporta alcune modifiche al codice antimafia e delle misure di prevenzione, da un lato estendendo l’applicabilità da parte dell’autorità giudiziaria delle misure di prevenzione personali attualmente applicabili ai soggetti indiziati dei delitti di atti persecutori e di maltrattamenti contro familiari e conviventi, anche ai soggetti indiziati di alcuni gravi reati che ricorrono nell’ambito dei fenomeni della violenza di genere e della violenza domestica e, dall’altro, intervenendo sulla misura della sorveglianza speciale.
L’articolo 3 assicura priorità assoluta nella formazione dei ruoli di udienza e nella trattazione dei processi, anche relativi ai reati di violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa, di costrizione o induzione al matrimonio, di lesioni personali aggravate, di deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso, di interruzione di gravidanza non consensuale, di diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti e di stato di incapacità procurato mediante violenza, laddove ricorrano le circostanze aggravanti ad effetto speciale e quindi il colpevole abbia agito con il fine di far commettere un reato, ovvero la persona resa incapace commette in tale stato un fatto previsto dalla legge come delitto.
L’articolo 4 prevede che, con riguardo i processi relativi ai delitti di violenza di genere e domestica, debba essere assicurata priorità anche alla richiesta di misura cautelare personale e alla decisione sulla stessa.
L’articolo 5 reca misure volte a favorire la specializzazione degli uffici requirenti in materia di violenza di genere e domestica, prevedendo che nel caso di delega l’individuazione del sostituto procuratore debba avvenire specificatamente sempre per la cura degli affari in materia di violenza di genere e domestica.
L’articolo 6 prevede iniziative formative in materia di violenza contro le donne e violenza domestica. In particolare, si prevede la predisposizione, da parte dell’autorità politica delegata per le pari opportunità, di apposite linee guida nazionali al fine di orientare un’adeguata e omogenea formazione degli operatori che a diverso titolo entrano in contatto con le donne vittime di violenza. Si prevede altresì che nelle linee programmatiche che il ministero della Giustizia annualmente propone alla scuola superiore della magistratura siano inserite specifiche iniziative formative in materia di violenza contro le donne e violenza domestica.
L’articolo 7 interviene sul procedimento di applicazione delle misure cautelari nei procedimenti relativi a delitti di violenza domestica e di genere, prevedendo, attraverso l’inserimento nel codice di rito del nuovo articolo 362-bis del codice di procedura penale, che il pm debba richiedere l’applicazione della misura entro trenta giorni dall’iscrizione della persona nel registro delle notizie di reato e che il giudice debba pronunciarsi sulla richiesta nei venti giorni dal deposito dell’istanza cautelare presso la cancelleria.
L’articolo 8 modifica l’articolo 127 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale in materia di comunicazione delle notizie di reato al procuratore generale, imponendo al procuratore generale presso la corte d’appello l’obbligo di acquisire trimestralmente dalle procure della Repubblica del distretto i dati sul rispetto dei termini relativi ai procedimenti di cui al nuovo articolo 362-bis del codice di procedura penale, e di inviare al procuratore generale presso la Corte di cassazione una relazione almeno semestrale.
L’articolo 9 innalza la pena prevista relativa alla violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e al divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa e ne estende la disciplina penalistica anche alla violazione degli ordini di protezione emessi dal giudice in sede civile.
L’articolo 10 introduce nel codice di procedura penale il nuovo articolo 382-bis, al fine di consentire l’arresto in flagranza differita nei casi di violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa, di maltrattamenti contro familiari e conviventi, nonché di atti persecutori.
L’articolo 11 aggiunge cinque ulteriori commi, dal comma 2-bis al comma 2-sexies, all’articolo 384-bis del codice di procedura penale, il quale disciplina la misura pre-cautelare dell’allontanamento d’urgenza dalla casa familiare. Si prevede in particolare che, fermo quanto disposto in tema di fermo dell’indiziato, anche fuori dai casi di flagranza, il pubblico ministero dispone, con decreto motivato, l’allontanamento urgente dalla casa familiare, con il divieto di avvicinarsi ai luoghi abitualmente frequentati dalla persona offesa, nei confronti della persona gravemente indiziata di una serie di delitti di violenza, di genere e domestica, ove sussistano fondati motivi per ritenere che le condotte criminose possano essere reiterate, ponendo in grave ed attuale pericolo la vita o l’integrità fisica della persona offesa e non sia possibile per la situazione di urgenza attendere il provvedimento del giudice.
Entro quarantott’ore dall’esecuzione del decreto con il quale è stato disposto l’allontanamento urgente, il pubblico ministero ne richiede la convalida al giudice per le indagini preliminari competente in relazione al luogo nel quale il provvedimento di allontanamento d’urgenza è stato eseguito. Il giudice per le indagini preliminari deve fissare entro le successive quarantott’ore l’udienza di convalida dandone avviso senza ritardo al pubblico ministero e al difensore.
L’articolo 12 interviene in materia di misure cautelari e in particolare di prescrizione del braccialetto elettronico, fra le altre, imponendo alla polizia giudiziaria il previo accertamento della fattibilità tecnica dell’utilizzo dei mezzi elettronici e degli altri strumenti tecnici di controllo, ove il giudice ne abbia prescritto l’applicazione congiuntamente alla misura degli arresti domiciliari, e prevedendo l’applicazione della misura cautelare in carcere nel caso di manomissione dei mezzi elettronici e degli strumenti tecnici di controllo disposti con la misura degli arresti domiciliari, ovvero con le misure coercitive di cui agli articoli 282-bis o 282-ter.
L’articolo 13 introduce alcune deroghe alla disciplina vigente in materia di criteri di scelta e di condizioni di applicabilità delle misure cautelari coercitive, nonché modifiche alla normativa in tema di conversione dell’arresto in flagranza e del fermo in misura coercitiva.
L’articolo 14 interviene in materia di informazioni da rendere alla persona offesa dal reato, estendendo l’obbligatorietà dell’immediata comunicazione alle vittime di violenza domestica o di genere a tutti i provvedimenti deliberati e inerenti l’autore del reato, sia esso imputato in stato di custodia cautelare, condannato o internato.
L’articolo 15 reca modifiche al regime della concessione della sospensione condizionale della pena prevista dal quinto comma dell’articolo 165 del Codice penale, disponendo che, ai fini della sospensione condizionale della pena, non è sufficiente la mera partecipazione, con cadenza almeno bisettimanale, ai percorsi di recupero, ma occorre che tali percorsi siano superati con esito favorevole. L’accertamento della partecipazione del superamento del percorso così come la valutazione del medesimo è demandato al giudice. Il provvedimento che determina il venir meno delle misure cautelari precedentemente disposte a seguito della sospensione condizionale della pena deve essere immediatamente comunicato all’autorità di pubblica sicurezza affinché valuti se richiedere l’applicazione di una misura di prevenzione.
L’articolo 16 modifica la disciplina relativa alla domanda di indennizzo per le vittime di crimini internazionali violenti, di cui all’articolo 13 della legge n. 122 del 2016.
L’articolo 17 infine introduce e disciplina la possibilità di corrispondere in favore della vittima di taluni reati, oppure degli aventi diritto in caso di morte della vittima, una provvisionale, ossia una somma di denaro liquidata dal giudice come anticipo sull’importo integrale che le spetterà in via definitiva. La somma è corrisposta su richiesta alle vittime o agli aventi diritto che vengano a trovarsi in stato di bisogno in conseguenza dei reati medesimi. La disposizione fa riferimento ai delitti di omicidio, violenza sessuale o lesione personale gravissima o deformazione dell’aspetto mediante lesioni permanenti al viso commessi dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa.
L’articolo 18 dispone che, entro sei mesi dall’entrata in vigore della legge, il Ministro della giustizia e l’autorità politica delegata per le pari opportunità adottino un decreto interministeriale che disciplini le modalità per il riconoscimento e l’accreditamento degli enti e delle associazioni abilitate ad effettuare corsi di recupero degli autori di reati di violenza sulle donne e di violenza domestica. Il ministro della giustizia e l’autorità politica delegata per le pari opportunità devono inoltre provvedere all’emanazione di linee guida per l’attività di tali enti e associazioni.
Infine, l’articolo 19 reca la clausola di invarianza finanziaria, in virtù della quale dall’attuazione del provvedimento non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Il femminicidio è una piaga sociale che richiede un’immediata attenzione e azione. Solo attraverso la consapevolezza, l’educazione, l’empowerment delle donne e un impegno collettivo possiamo sperare di creare un futuro in cui ogni donna possa vivere libera dalla paura e in cui il femminicidio sia relegato ai libri di storia come una tragedia superata. È il momento di alzare la voce, di agire e di lavorare insieme per porre fine a questa forma insensata di violenza.