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HIV e AIDS in Italia, nel 2022 registrato un netto miglioramento rispetto all’Europa
I casi di HIV in Italia diminuiscono rispetto agli altri paesi dell’Unione europea ma occorre mantenere alta l’attenzione. Nel 2021 sono state riportate 1.770 nuove diagnosi di infezione da HIV pari a 3,0 nuovi casi per 100.000 residenti. L’incidenza osservata nel nostro paese è inferiore rispetto alla media stimata tra le nazioni dell’Unione Europea (4,3 nuovi casi per 100.000). Dal 2018 si osserva una evidente diminuzione dei casi per tutte le modalità di trasmissione. Nel 2021 inoltre la proporzione di nuovi casi attribuibile a trasmissione eterosessuale era 44% (27,2% maschi e 16,8% femmine), quella omosessuale riferita agli uomini 39,5% e quella attribuibile a persone che fanno uso di sostanze stupefacenti 4,2%.
Nonostante questi numeri, di Hiv e Aids non se ne parla mai abbastanza e sono molteplici le occasioni in cui fare chiarezza diventa essenziale, soprattutto davanti a una platea di adolescenti o comunque di giovanissimi. La sindrome è stata riportata per la prima volta in letteratura nel 1981, anche se già negli anni ‘70 erano stati riportati casi isolati di Aids negli Stati Uniti e in numerose altre aree del mondo (Haiti, Africa ed Europa). Sul finire del 1980, Michael Gottlieb, ricercatore dell’Università della California, svolge una ricerca clinica sui deficit del sistema immunitario. Analizzando le cartelle cliniche dei ricoverati in ospedale, si imbatte nel caso di un giovane paziente che soffre di un raro tipo di polmonite dovuta a Pneumocystis carinii, un protozoo che solitamente colpisce solo pazienti con un sistema immunitario indebolito. Nei mesi successivi, Gottlieb scopre altri tre casi di pazienti, tutti omosessuali attivi, con un basso livello di linfociti T. Nel 1981, i Centers for Disease Control and Prevention di Atlanta segnalano sul loro bollettino epidemiologico, il Morbidity and Mortality Weekly Report (Mmwr), un aumento improvviso di casi di polmonite da Pneumocystis carinii in giovani omosessuali. Successivamente vengono segnalati ai Cdc nuovi casi di pazienti che soffrono di un raro tumore dei vasi sanguigni, il sarcoma di Kaposi. Con la pubblicazione di questi dati, si fa lentamente strada la consapevolezza di essere di fronte a una nuova malattia. Pochi giorni dopo i Cdc costituiscono una task force espressamente dedicata alla ricerca sul sarcoma di Kaposi e sulle altre infezioni opportunistiche.
Nel 1986 un comitato internazionale stabilisce un nuovo nome per indicare il virus dell’Aids: d’ora in poi si parlerà soltanto di Hiv, ovvero “Virus dell’immunodeficienza umana”. Più tardi, grazie al progredire della ricerca e alle innumerevoli campagne di sensibilizzazione e informazione, si è compreso che l’Hiv si può trasmettere solo attraverso liquidi biologici di persone con Hiv inconsapevoli o non in terapia antiretrovirale efficace: si tratta del sangue e suoi derivati, di sperma e secrezioni vaginali, oppure di latte materno. L’infezione si verifica quando il virus, contenuto in uno di questi liquidi di una persona con Hiv, non in terapia antiretrovirale efficace, riesce ad entrare nel corpo di un’altra persona, attraverso ferite della pelle o lesioni anche
non visibili delle mucose.
I dati sulle nuove diagnosi di infezione da Hiv e dei casi di Aids in Italia al 31 dicembre 2021 sono stati pubblicati sul Notiziario Istisan volume 35, n. 11 – novembre 2022, redatto dal Centro Operativo Aids (COA) dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS), con il contributo del Comitato Tecnico Sanitario del Ministero della Salute e dei referenti della Direzione Generale della Prevenzione sanitaria del Ministero della salute. Il Registro Nazionale AIDS, attivo dal 1982, nel 2021 ha invece ricevuto 382 segnalazioni di nuovi casi di AIDS (sindrome da immunodeficienza acquisita), pari a un’incidenza di 0,6 nuovi casi per 100.000 residenti. L’83% dei casi segnalati lo scorso anno era costituito da persone che hanno scoperto di essere HIV positive nei sei mesi precedenti alla diagnosi di AIDS.
L’incidenza più elevata di nuove diagnosi HIV si riscontra nella fascia di età 30-39 anni (7,3 nuovi casi ogni 100.000 residenti), a seguire nella fascia 25-29 anni (6,6 nuovi casi ogni 100.000 residenti). In queste fasce di età l’incidenza nei maschi è 3-4 volte superiore a quelle nelle femmine. In generale, i maschi rappresentano il 79,5% dei nuovi casi. Tuttavia, dal 2016 si osserva una diminuzione del numero di nuove diagnosi HIV in stranieri, sia maschi che femmine. Più di un terzo delle persone con nuova diagnosi HIV ha scoperto di essere HIV positivo a causa della presenza di sintomi o patologie correlate all’HIV.
L’HIV si può diagnosticare in tempi brevi sottoponendosi al test e, in attesa di una cura che ne consenta la guarigione, sono a disposizione terapie che monitorano l’infezione rallentandone lo sviluppo. In Italia, sulla base dei dati 2020 raccolti nel Rapporto del Centro operativo AIDS (COA) si ricava un’elevata percentuale di diagnosi tardive dell’infezione e che la maggioranza dei nuovi casi si registra soprattutto nei giovani. Pertanto, si è ritenuto necessario porre in essere iniziative finalizzate a prevenire il contagio con particolare riferimento al testing.
- La sindrome è stata riportata per la prima volta in letteratura nel 1981, anche se già negli anni ‘70 erano stati riportati casi isolati di AIDS negli Stati Uniti
- L’HIV si può diagnosticare in tempi brevi sottoponendosi al test e, in attesa di una cura che ne consenta la guarigione, sono a disposizione terapie che monitorano l’infezione rallentandone lo sviluppo