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Ictus: cure e prevenzioni in Italia

15 Febbraio 2018

L’ictus è un danno cerebrale che si verifica quando l’afflusso di sangue diretto al cervello si interrompe improvvisamente per la chiusura o la rottura di un’arteria. Nel primo caso si parla di infarto cerebrale o “ictus ischemico”, maggiormente frequente rispetto al secondo caso, l’emorragia cerebrale o “ictus emorragico” che è la forma più grave perché può causare la morte nel 50% dei pazienti.

Il 40-90% delle persone che hanno avuto un ictus era ipertesa prima del verificarsi dell’evento acuto.

Tuttavia, in entrambi i tipi della patologia, le conseguenze dipendono dalla parte del cervello che viene danneggiata. Dopo un episodio di ictus si può verificare, quasi istantaneamente, una paralisi degli arti di un lato del corpo accompagnata da ulteriori difficoltà di linguaggio o di pensiero. La riabilitazione è essenziale per il recupero funzionale causato da questi deficit che tuttavia, continuano ad avere una forte influenza sulla qualità della vita dei soggetti affetti da questa malattia. In moltissime circostanze, purtroppo, l’ictus è mortale o lascia segni gravi e decisivi per la salute, come la difficoltà nel parlare oppure una paresi facciale completa.

La chiusura o l’ostruzione delle arterie che portano il sangue al cervello si verifica spesso in seguito alla formazione di depositi di grasso a carico delle arterie. Per esempio, l’aterosclerosi è una condizione patologica in cui una sostanza grassa, detta placca, si accumula sulle superfici interne delle arterie. La placca si indurisce e restringe i vasi, limitando il flusso di sangue a tessuti e organi, come il cuore e il cervello. La placca si può inoltre frammentare o rompere. Le piastrine (corpuscoli di origine cellulare presenti nel sangue) aderiscono al sito della lesione e si possono accumulare, formando così un trombo.

Ogni anno circa 190 mila italiani vengono colpiti da ictus, un numero sempre maggiore se paragonato a vent’anni fa. Per circa 35mila di loro non si tratta del primo caso e gli anziani che hanno avuto un infarto sono stati 120mila.

A fronte di questa drammatica condizione, risulta indispensabile capire quali sono effettivamente le migliori strutture ospedaliere italiane che riescono, in qualche modo e fino a dove sia possibile, ad assicurare delle cure d’emergenza per l’ictus.

Il Ministero della Salute, insieme al Programma Nazionale Valutazione Esiti (Pne) e all’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas), ha svolto una lunga analisi su alcune patologie molto diffuse in Italia, come appunto quella dell’ictus, per monitorare la capacità effettiva degli ospedali italiani ad offrire servizi e cure idonee al miglioramento o alla prevenzione della malattia. Questa ricerca raggruppa una serie di indicatori tra cui la proporzione di ricoveri con una certa lunghezza di degenza ed il tasso di mortalità a 30 giorni dal ricovero. Sono stati prese in considerazione particolarmente come variabili l’età dei pazienti, il sesso, la gravità della malattia e la presenza contemporanea di altre patologie mediche.

Per quanto riguarda la sopravvivenza post ictus nel Centro Sud, solo due ospedali hanno presentato, negli ultimi anni, una percentuale pari a zero di decessi, e sei occupano i primi posti per un tasso di mortalità molto basso. Le cliniche in questione si trovano a Roma, Benevento, Sassari e Catania. Al Nord invece vi sono solo 7 strutture sanitarie adeguate: 1 in Trentino, 2 a Milano, 2 nel Veneto, 1 a Brescia, 1 a Genova.

Contrariamente, esaminando gli ospedali con le performance peggiori, 8 di questi si trovano in provincia di Napoli e uno nel territorio marchigiano.

Assenza di programmazione, equipe medica non altamente qualificata, scarse garanzie di sicurezza, finanziamenti pubblici inadeguati, sono solo alcune delle cause principali per le quali il sistema sanitario italiano, soprattutto in alcune zone del Paese, non riesce a rialzarsi ma continua a rimanere in una situazione di stallo.

Tags: assistenza sanitaria, ictus, ministero della salute, prevenzione
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Beatrice Casella
Beatrice Casella
Laureata in economia internazionale e dello sviluppo, si è sempre appassionata del settore sanitario. Il tema della tesi di laurea triennale ha riguardato il tasso di mortalità infantile in Tanzania (paese dove ha vissuto alcuni anni). Per il suo master's degree si è concentrata sull'incidenza della politica e dell'economia nel garantire una salute globale. Praticante giornalista, ha lavorato a Milano con il Gruppo editoriale L'Espresso e attualmente lavora come Research Analyst per una società che si occupa di costruzioni sostenibili.

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