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Impatto Covid-19 sull’assistenza medica ordinaria: lo studio multicentrico di 33 centri urologici italiani
La media di riduzione degli interventi è stata del 78% con picchi al 94%
“Dobbiamo vincere la guerra contro il COVID-19 ma non perdere quella contro il cancro e posso dire che la Direzione della nostra Azienda si è impegnata al massimo a questo scopo.” Le parole del prof. Bernardo Rocco Direttore dell’Urologia dell’Azienda Ospedaliero – Universitaria di Modena, che ha coordinato uno studio multicentrico condotto su 33 Centri urologici italiani in merito all’impatto che la pandemia da Covid-19 ha avuto sull’assistenza medica ordinaria. Dallo studio è emerso che si è registrato un decremento – e talora una completa interruzione – dell’attività ambulatoriale, di degenza, chirurgica. Nello specifico, la media di riduzione degli interventi è stata del 78% con picchi al 94%
I risultati dello studio sono stati pubblicati integralmente sulla prestigiosa rivista internazionale British Journal of Urology; l’elemento di maggiore preoccupazione è stato il calo degli interventi eseguiti per patologia oncologica (-35,9%, in Italia), La cura della maggior parte dei tumori solidi si basa sull’asportazione chirurgica: il mancato o ritardato trattamento può comportarne la progressione e compromettere le possibilità di guarigione.
“Per quanto riguarda il tumore della prostata – spiega il prof. Bernardo Rocco – la chirurgia è alla base del trattamento del tumore prostatico e comporta una aumentata sopravvivenza cancro-specifica: occorre quindi garantire, anche in epoca COVID-19, la possibilità di potersi sottoporre ad intervento chirurgico minimizzando il rischio di contrarre l’infezione o svilupparla nel decorso post-operatorio”. L’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Modena ha messo a punto, fin dalle prime settimane dell’emergenza, una pianificazione strutturata della ripartenza dell’attività chirurgica ottenuta anche mediante l’appoggio a strutture private convenzionate.
Questo è quanto è accaduto per la chirurgia urologica e senologica, che hanno visto deviare gran parte del volume chirurgico – sia a cielo aperto, che endoscopico, che di chirurgia robotica – presso i vicini centri privati convenzionati.
Per garantire la massima sicurezza, la riapertura agli interventi chirurgici è stata pianificata in maniera conforme alle linee guida internazionali, ordinata in base alla gravita della patologia (triage) e previo accurato screening pre-operatorio per escludere infezione da COVID-19 e garantire la sicurezza sia delle sale operatorie che del singolo paziente.
Questa strategia ha fatto sì che per alcuni tumori ad elevata incidenza, come il tumore della prostata, il numero degli interventi robotici eseguiti nei primi 6 mesi del 2020 abbia addirittura superato dell’8% quello degli interventi eseguiti nello stesso periodo nell’anno precedente. Complessivamente, nei primi sei mesi del 2020 sono stati trattati con chirurgia robotica oltre 100 pazienti con patologia urologica.