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L’importanza del familiare assistente

26 Agosto 2019

ll termine anglosassone “caregiver“, è entrato ormai saldamente nell’uso comune e indica, nello specifico, “colui che si prende cura” e si riferisce a tutti i familiari che assistono un loro congiunto ammalato e/o disabile.

La figura del “caregiver” dei pazienti con demenza sono la grande maggioranza. Sono in genere donne (74%), di cui il 31% di età inferiore a 45 anni, il 38% di età compresa tra 46 e 60, il 18% tra 61 e 70 e ben il 13% oltre i 70 (fonte: National Family Caregivers Association).

In particolare, secondo l’Istituto nazionale di statistica (ISTAT) sono 8,5 milioni coloro che in Italia si prendono cura di una persona che per malattia, infermità o disabilità non è autosufficiente, e necessita di un’assistenza totale e continua.

Grazie all’Associazione Scientifica per la Sanità Digitale (Assd) è emerso come sia fondamentale il ruolo ricoperto dai caregiver. A riconoscimento dell’importanza che questa figura svolge, la legge di Bilancio 2018 ha istituito un fondo di 20 milioni di euro l’anno per il triennio 2018-2020.

I dati della ricerca Istat evidenziano anche che nel caso di caregiver familiari, sono gli anziani che si occupano a loro volta di altri anziani più fragili, perché spesso per ragioni economiche non hanno la possibilità di trovare altre forme di assistenza.

La cura delle persone ammalate di demenza diviene progressivamente sempre più impegnativa per la singola persona che deve assistere e sempre più critica sul piano collettivo.

Moltissime indicazioni della letteratura e dettate dall’esperienza indicano che è sempre più difficile identificare persone adeguate alla presa in carico di anziani “difficili”, come sono spesso quelli affetti da alterazioni cognitive, aggravate da problematiche comportamentali.

La ricerca delle cosiddette badanti diviene per molte famiglie un’impresa molto complessa, talvolta frustrante; l’incontro tra le aspettative, le ansie, talvolta le pretese delle famiglie con la disponibilità di persone di esperienza e di sensibilità cui affidare i nostri cari è spesso un’operazione che richiede tempo, tentativi andati male, trattative sugli orari o sulle dimensioni economiche.

Il realismo impone però di accettare questa situazione, perché i servizi formali sono praticamente assenti e non vi sono prospettive concrete per una loro strutturazione che garantiscano il mantenimento nella loro casa delle persone affette da demenza.

Quindi il futuro non permette di sperare in un cambiamento; anzi, il numero delle persone affette da demenza è destinato ad aumentare come conseguenza dell’invecchiamento della popolazione, nonostante vi siano dati che indicano una diminuzione dell’incidenza a causa del miglioramento complessivo delle condizioni di vita.

Diventa sempre più importante, quindi, agire sulla formazione tecnica e umana delle persone che devono assistere. Ciò va bene sia per il famigliare che spende la sua giornata al servizio di chi è ammalato sia per il personale retribuito che si impegna nel lavoro assistenziale.

La formazione tecnica è necessaria, perché la condizione di salute degli ammalati presenta sempre nuovi quadri clinici, che pongono problemi rispetto alla gestione dei disturbi comportamentali, delle alterazioni alimentari, nelle problematiche legate all’eventuale allettamento, nella somministrazione di farmaci e nella valutazione dei relativi effetti collaterali.

La formazione tecnica dei cosiddetti caregiver non può però essere separata da una formazione psicologica, volta a dare un senso all’opera di cura e quindi alla fatica che viene consumata nell’assistenza.

Chi accompagna la vita dell’ammalto deve essere convinto che il suo impegno ha un ruolo importante nel conservare quantomeno una condizione di stabilità, impedendo un peggioramento. Per ottenere questo risultato deve adottare comportamenti nel processo di cura caratterizzati da attenzione all’ammalato e al suo ambiente, da tolleranza, gentilezza, adattamento alle condizioni di crisi.

Il caring risulta essere, pertanto, una questione d’amore e che il lavoro di assistenza è una strada per ringiovanire i nostri cuori inariditi”.

Da qualche mese è in atto il progetto De@mentoring che lancia due questionari online finalizzati a capire i bisogni formativi dei caregiver familiari e degli operatori professionali che si occupano di persone con demenza.

Tags: ammalato, caregiver, disabile, istat
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Beatrice Casella
Beatrice Casella
Laureata in economia internazionale e dello sviluppo, si è sempre appassionata del settore sanitario. Il tema della tesi di laurea triennale ha riguardato il tasso di mortalità infantile in Tanzania (paese dove ha vissuto alcuni anni). Per il suo master's degree si è concentrata sull'incidenza della politica e dell'economia nel garantire una salute globale. Praticante giornalista, ha lavorato a Milano con il Gruppo editoriale L'Espresso e attualmente lavora come Research Analyst per una società che si occupa di costruzioni sostenibili.

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