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Malati “diversi”
Malattia non significa sempre un’alterazione dello statuto di salute fisica del soggetto.
Spesso soggetti che ci appaiono fisicamente “normali” e in possesso di buona salute, soffrono di una diversa patologia.
Si tratta di disturbi di tipo mentale che colpiscono la sfera affettiva, comportamentale e relazionale di un soggetto con diversi gradi di importanza il cui culmine massimo è rappresentato proprio dalla malattia mentale.
La malattia mentale altro non è che una alterazione psicologica della personalità del soggetto a cui non viene garantito un normale sviluppo psichico.
I malati mentali sono, da sempre, ritenuti soggetti pericolosi che, come tali, necessitano di essere allontanati dalla normalità.
Una delle prime leggi italiane ad occuparsi della questione delle malattie mentali è la Legge Giolitti (Legge n. 36 del 14 febbraio 1904) laddove si ufficializza la funzione di servizio pubblico della psichiatria e viene sancito questo inossidabile legame tra la malattia mentale e la pericolosità del soggetto.
La Legge Giolitti ha così legittimato l’istituzione di case di cura comunemente denominate “manicomi” in cui i soggetti affetti da una malattia mentale venivano effettivamente rinchiusi e definitivamente allontanati dalla normalità della vita quotidiana.
Nell’epoca fascista, i manicomi iniziarono ad assumere sempre di più le sembianze di veri e propri ospedali psichiatrici in cui, molto spesso, i malati sono stati costretti a vivere in condizioni degradanti e ad subire trattamenti curativi decisamente invasivi (si pensi all’elettrostimolazione).
Cosa accadeva realmente all’interno degli ospedali psichiatrici, però, non era dato saperlo.
L’opinione pubblica ha iniziato ad interessarsi al tema della malattia mentale ed alle condizioni in cui si trovavano i malati solamente negli anni sessanta grazie all’opera di Franco Basaglia.
Franco Basaglia credeva fortemente nella necessità di chiudere i manicomi ed arrivò addirittura a fondare il partito Psichiatria Democratica, il cui documento programmatico si proponeva proprio di portare avanti una battaglia contro i manicomi, ritenuti luoghi dove “l’esclusione trova la sua espressione paradigmatica più evidente e violenta, rappresentando insieme la garanzia di concretezza al riprodursi dei meccanismi di emarginazione sociale”.
A seguito dell’attività di Franco Basaglia, anche il legislatore italiano ha iniziato a ritenere opportuno intervenire sul tema. Dapprima, con la riforma avviata dall’allora ministro della sanità Luigi Mariotti e poi con la Legge Basaglia (Legge n. 180 del 13 maggio 1978).
La Legge Basaglia ha sostituito al trattamento psichiatrico mediante ricovero in manicomio il cd. TSO (trattamento sanitario obbligatorio).
La Legge prescrive che il TSO debba prestarsi in condizioni di degenza ospedaliera (e quindi con il ricovero del malato) solo qualora “esistano alterazioni psichiche tali da richiedere urgenti interventi terapeutici” e purché non vi siano le circostanze che consentano l’adozione di “tempestive ed idonee misure sanitarie extra ospedaliere”.
I malati mentali tornano così finalmente ad essere considerati dei “semplici” malati e non, per citare Basaglia, un “malato, povero, diseredato che privo di forza contrattuale, cade definitivamente in balia dell’istituto deputato a controllarlo”.
Dopo la Legge Basaglia, sul tema della sanità mentale è intervenuto anche il primo Governo Berlusconi che, tramite la Legge Finanziaria del 1994, ha decretato la chiusura definitiva dei manicomi.
Ma dopo cosa è successo?
I manicomi esistenti sono stati principalmente sostituiti da centri di salute mentali e strutture semiresidenziali deputate alla cura delle malattie mentali e non solo.
Le Regioni hanno recentemente idealizzato appositi programmi per la realizzazione di strutture extra ospedaliere per il superamento degli ospedali psichiatrici; programmi che sono specificatamente approvati dal Ministero della Salute.
Di recente approvazione (28 gennaio 2015) è il programma della regione Friuli Venezia Giulia che prevede la realizzazione di due strutture sanitarie di accoglienza e di una struttura residenziale con la collaborazione del Ministero dell’economia e delle finanze.
La finalità del programma del Friuli Venezia Giulia è quella di garantire esperienze di trattamento assertivo di comunità in un’ottica proattiva di servizi tentando di rendere più agevole il reinserimento nella società dei soggetti precedentemente ricoverati presso gli ospedali psichiatrici.
Il tentativo è sicuramente ammirevole e la strada intrapresa per il definitivo superamento degli ospedali psichiatrici sembra essere quella corretta, ma, affinché il cammino possa ritenersi davvero concluso, all’appello mancano ancora i programmi di Trentino Alto Adige, Veneto e Sicilia.