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Malati nell’anima, cresce il numero dei ragazzi che si suicidano. Cosa sta succedendo?
I ragazzi si uccidono. Gli ultimi dati sono allarmanti: su 4mila suicidi all’anno, il 12% vede protagonisti giovani sotto i 20 anni.
I recenti fatti di cronaca fanno riflettere: la lettera di Michele, il dramma del giovane di Lavagna e del 22enne di Rovigo che ha scelto di morire il giorno prima della (finta) laurea, sono solo alcune delle tragiche storie che abbiamo sentito nelle ultime settimane. Nel nostro Paese il suicidio è la seconda causa di morte tra i ragazzi sotto i 20 anni. Cosa sta succedendo?
Lo abbiamo chiesto al Prof. Armando Piccinni, Presidente della Fondazione BRF Onlus, Istituto per la Ricerca Scientifica in Psichiatria e Neuroscienze.
La seconda causa di morte per gli adolescenti, dopo gli incidenti stradali, è il suicidio. Cosa significa?
“È problematico individuare un elemento che possa dare una risposta univoca a questa domanda. Il fenomeno è complesso ed è sicuramente determinato da una serie di fattori che si intrecciano inestricabilmente tra loro per dare un risultato di tale gravità. Le differenze tra i ritmi della società attuale confrontati con quelli di solo 100 anni fa sono enormemente più veloci, le richieste e le sollecitazioni che i giovani oggi ricevono possono essere un elemento positivo per la crescita e lo sviluppo del cervello, ma anche una pericolosa fonte di stress, che in alcune situazioni ambientali particolarmente sfavorevoli o in alcuni soggetti specificatamente predisposti può diventare talmente intollerabile da arrivare ad un gesto così estremo. L’interazione tra il soggetto e l’ambiente circostante nelle fasi di vita precedenti è anche molto importante in quanto modifica la costituzione mentale del soggetto e lo predispone ai comportamenti successivi”.
Come può arrivare un giovane di soli 16 anni, nel pieno della sua giovinezza, a togliersi la vita?
“L’adolescenza è un momento in cui le emozioni hanno una forza possente e straordinaria, che trasforma gli eventi della vita in situazioni assolute, definitive come se fossero irrimediabili, insanabili, con conseguenze che dureranno tutto il resto della vita.
Non esiste a questa età, almeno nella maggioranza degli adolescenti, la capacità di relativizzare gli eventi. Il motivo per cui ciò avviene è da ricondurre a diverse cause, una tra queste è la mancanza di un archivio di esperienze passate sufficientemente ampio da poter utilizzare come termine di confronto per la situazione presente. L’evento non riceve in questo modo nessuna guida di comportamento. In questo ambito trova facilmente spazio lo smarrimento, la disperazione e l’impulsività dei gesti, che possono andare dalla perdita del controllo fino al gesto estremo di togliersi la vita”.
La depressione è un male che sta colpendo le nuove generazioni. Cosa sta succedendo?
“Gli adolescenti ed i giovani, specie nel mondo occidentale, si trovano per la prima volta in una condizione di solitudine. I genitori spesso sono al lavoro tutto il giorno. Non esistono più nelle nostre case gli spazi per ospitare i nonni o gli anziani del nucleo familiare. Complessivamente ci sono meno guide, meno esempi da seguire o a cui opporsi, in generale meno possibilità di confrontarsi per imparare e per comprendere in quale direzione dirigere il proprio comportamento e la propria vita.
Ampliare il discorso alla società odierna ed alle sue problematiche, con la perdita dei valori morali, religiosi, tradizionali completa ma complica molto il quadro”.
La società moderna è digitalizzata. Che ruolo giocano i social media?
“I social media giocano oggi un ruolo fondamentale nella vita della nostra società ed in particolare degli adolescenti e dei giovani. Oltre ad essere un punto di incontro nuovo, un luogo di confronto ed apprendimento che sostituisce quelli persi nell’ambito della famiglia e dei vecchi nuclei di aggregazione, i social network possono diventare uno spazio di confronto duro. Il luogo virtuale a volte si dimostra spietato e, per quanto possa essere metabolizzato da parte di un adulto, può purtroppo diventare la fonte di una irrimediabile tragedia per un adolescente”.
Come si possono evitare drammi come quelli accaduti di recente?
“Dobbiamo imparare ad ascoltare i ragazzi, cercare di percepire i campanelli d’allarme che lanciano e non sottovalutarne il disagio. Paradossalmente proprio in questo momento di crisi della scuola, della famiglia, della società, sarebbe necessaria la massima attenzione da parte degli educatori, dei genitori, delle strutture sociali per aiutare quei giovani che sia perché hanno una struttura personale più vulnerabile, sia perché vivono condizioni ambientali particolarmente difficili hanno più bisogno di essere compresi e sostenuti. Il sostegno e la vicinanza ai giovani manca, o in tante situazioni è insufficiente nei differenti piani di intervento”.
Quali sono i campanelli d’allarme da non sottovalutare?
“I segnali da cogliere possono essere di natura differente e vanno dai sintomi fisici – come stanchezza, fiacchezza muscolare, facile esauribilità agli sforzi, mal di testa, disturbi digestivi e gastro-intestinali, rallentamento motorio, ridotta mimica facciale, dolori muscolari – a sintomi comportamentali – come tristezza, pianto frequente anche per futili motivi, irritabilità, intolleranza a situazioni normalmente tollerate, riduzione del rendimento scolastico, tendenza ad isolarsi, riduzione o aumento dell’appetito con conseguente riduzione o incremento del peso, minore produzione verbale, comportamenti insoliti o bizzarri; sbalzi di umore tra la tristezza e l’euforia o l’irritabilità, disturbi del sonno come risveglio mattinale precoce o presenza di numerosi risvegli durante la notte o tendenza ad addormentarsi molto tardi con l’incapacità a risvegliarsi al mattino, aumento complessivo del numero delle ore di sonno. Spesso si ritrovano sintomi ideativi come tristezza, apatia abulia, appiattimento affettivo, aumento della tendenza a rimuginare con il pensiero, riduzione della memoria, riduzione delle capacità di attenzione o concentrazione, pensieri rivolti prevalentemente al passato, senso di inesorabiltà della condizione attuale, idea di inguaribilità”.
Lei è il presidente dell’Istituto per la Ricerca Scientifica in Psichiatria e Neuroscienze, Fondazione BRF Onlus, quali sono le vostre finalità?
“La Fondazione mira a promuovere le conoscenze nell’ambito delle neuroscienze. Portiamo avanti studi, realizziamo convegni e conferenze, ci impegniamo per tendere una mano alle numerose persone che soffrono ogni giorno nel nostro Paese a causa di un disagio mentale.
Il programma della fondazione si realizza attraverso: la promozione la divulgazione e la diffusione della cultura, delle innovazioni e delle conquiste che riguardano il cervello; l’approfondimento della conoscenza delle malattie mentali mediante la progettazione e l’esecuzione di protocolli di ricerca; l’incontro di studiosi provenienti da differenti discipline delle neuroscienze con l’obiettivo di favorire l’integrazione delle conoscenze e la collaborazione multidisciplinare in ambiti di ricerca comuni e l’istituzione di centri di eccellenza per il trattamento di disturbi psichiatrici rari o complessi che trovano risposte deboli nell’ambito dell’attuale organizzazione sanitaria”.