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Nuovi casi di mucca pazza in Italia. Torna l’incubo?

21 Ottobre 2017

È stato sottoposto all’esame autoptico il corpo di Rita Mazzotti, la 68enne residente a San Pietro in Trento, nel Ravennate, a cui era stato diagnosticato il morbo della “mucca pazza”. La donna, che si è spenta in soli sei mesi, come era stato previsto dai medici che la seguivano, potrebbe essere rimasta affetta da una variante umana della mucca pazza dovuta all’assunzione di carne infetta o trasmessa da materiale sanitario non sterilizzato. Duro il monito della figlia che parla di “assenza di un protocollo specifico per la gestione di questa patologia” da parte delle strutture ospedaliere emiliano-romagnole pubbliche e private. Da parte loro i medici intendono chiarire che il morbo di Creutzfeldt-Jakob, noto a tutti come “mucca pazza”, potrebbe essere stato contratto dalla donna anni e anni fa e che quindi lungo sarebbe stato – in tal caso – il periodo di incubazione. Ma se così non fosse ci ritroveremmo a temere quel fenomeno che mise in allerta l’Italia negli anni ’90?

In realtà, quello della donna del Ravennate, non andrebbe del tutto isolato come caso, Infatti, nelle settimane scorse un altro episodio si è registrato in Toscana dove la morte di una donna di 76 anni è stata attribuita con ogni probabilità al morbo della mucca pazza. A seguito del decesso della donna le autorità sanitarie avrebbero eseguito esami più approfonditi e il trasferimento della salma a Bologna all’Istituto Superiore di Sanità, dove sono state accertate e confermate le ragioni del decesso dovute proprio al morbo di Creutzfeldt-Jakob.

La sindrome, che negli anni ’90 tenne l’Italia intera con il fiato sospeso per la comparsa dei primi focolai, venne diagnosticata per la prima volta nei bovini in Inghilterra nel 1986. Nel 1996 si presentò invece una nuova variante della malattia di Creutzfeldt-Jacob, una rara patologia neurodegenerativa. Fa parte della famiglia delle encefalopatie spongiformi. A suscitare particolare allarme nell’opinione pubblica è stata proprio la nuova variante dovuta dal consumo di carne bovina infetta. In Inghilterra i primi casi si sono verificati a metà degli anni ’90. Non esiste una cura per questa patologia, per cui spesso l’epilogo è definitivo e mortale per chi la contrae. Tra il 1996 e il 1997 almeno 20 persone sono morte e circa 400 si sono ammalate in Scozia dopo aver mangiato carne contaminata (hamburger) dal batterio Escherichia Coli. Nuovi focolai infettivi sono stati registrati nel 2011 in Germania e in Francia, in particolare nei germogli.

La patologia stando alle statistiche epidemiologiche più recenti colpirebbe ogni anno nel mondo in media 1,5 persone su un milione di persone. Oggi il problema della malattia e di possibili epidemie sarebbero da escludere grazie all’applicazione delle norme predisposte dall’UE che costituiscono una salvaguardia per i consumatori, che rispetto al passato e grazie alle acquisizioni scientifiche sulla malattia e i controlli sistematici delle carni non dovrebbero temere il ritorno di nuove pericolose epidemie. Creutzfeldt-Jakob compare per la prima volta nel paziente, tipicamente di età superiore ai 40 anni (in media, colpisce persone di età non inferiore ai 60 anni), per cause non ancora note. Il 5-15% dei casi, inoltre, è di origine familiare. La malattia di Creutzfeldt-Jakob, infatti, può essere acquisita con trasmissione autosomica dominante, attraverso una mutazione nel gene che codifica per la proteina prionica (PRNP). Nella forma familiare, l’età d’esordio è più precoce e il decorso clinico è più lungo.

Tags: alimentazione, carne, morbo di Creutzfeldt-Jakob, mucca pazza
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Alessandro Notarnicola
Alessandro Notarnicola
Mi occupo di giornalismo e critica cinematografica. Dopo la laurea in Lettere e Filosofia nel 2013, nel 2016 ho conseguito la Laurea Magistrale in "Editoria e Scrittura". Da qualche anno mi sono concentrato sull'attività della Santa Sede e sui principali eventi che coinvolgono la Chiesa cattolica in Italia e nel mondo intero.

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