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Prevenire il declino cognitivo si può: parte dalle farmacie il progetto prevenzione alzheimer

L’importanza della diagnosi precoce nell’ambito della salute mentale è un tema delicatissimo e attualissimo che richiede da parte di tutti una grande attenzione.
Per questo, l’Associazione Amici Alzheimer ODV che da anni si fa promotrice delle campagne relative alla sensibilizzazione inerenti i temi della prevenzione, ha ideato il Progetto Prevenzione Alzheimer, ovvero la possibilità di sottoporsi gratuitamente ad un check up per valutare lo stato delle proprie riserve cognitive.
Il progetto che per ora vede coinvolte le farmacie aderenti all’iniziativa, si fregia dell’importante partnership con la Banca delle Visite, anch’essa impegnata quotidianamente per favorire il diritto alla salute e promuovere la cultura della prevenzione e del benessere.
In questo numero, incontriamo la Dott.ssa Azzurra Antonelli, neuropsicologa e referente del progetto.
Un progetto che nasce per incentivare le persone a focalizzarsi sull’importanza della salute mentale, in cosa consiste?
Il progetto di Screening cognitivo ha come scopo principale proprio quello di sensibilizzare le persone sull’importanza della salute mentale ed in particolar modo quella sulla prevenzione inerente il deterioramento cognitivo. Infatti, siamo fermamente convinti che solo attraverso la corretta informazione sui possibili campanelli d’allarme ed una possibile diagnosi precoce, si possa agire precocemente su una patologia così invalidante per tutto il nucleo familiare come può essere la demenza. La scelta di svolgere lo screening nelle farmacie nasce proprio dal voler raggiungere le persone in un luogo di aggregazione e di riferimento sul territorio.

Dott.ssa Azzurra Antonelli
Lo screening cognitivo è uno strumento carta e matita, dalla durata di pochi minuti. Queste sue caratteristiche fanno sì che possa essere somministrato in maniera semplice e non invasiva. Il test può essere somministrato ad una fascia di popolazione che va dai cinquanta agli ottanta anni (80+). La sua fruibilità ed il target di riferimento lo rendono particolarmente adatto ad una campagna di Screening per la possibile insorgenza di deterioramento cognitivo; ci permette inoltre di poter individuare i possibili campanelli d’allarme senza dover ricorrere immediatamente ad una valutazione neuropsicologica completa.
Quali sono i campanelli d’allarme che una persona dovrebbe attenzionare?
Come spiego spesso a chi si rivolge a noi duranti i colloqui o durante i momenti di screening cognitivo, i sintomi di un invecchiamento normale, o fisiologico, e quelli legati ad un possibile esordio di patologia sono molto simili, quello che fa la differenza è la frequenza con la quale si presentano. Possibili spie di deterioramento cognitivo alle quali prestare attenzione sono ad esempio la difficoltà nel trovare le parole corrette (ad esempio non ricordarsi il nome di un attore), tendere a dimenticare gli appuntamenti, episodi di disorientamento (difficoltà nel ricordarsi la data del giorno e/o il tragitto per tornare a casa, non ricordarsi il motivo per il quale si è entrati in una stanza oppure difficoltà di attenzione. Ovviamente questi episodi andranno letti in un quadro più ampio, per questo motivo consiglio sempre di rivolgersi ad un professionista per poter valutare insieme se queste manifestazioni sono indice di una problematica da attenzionare.
Nel momento in cui una persona si sottopone ad una serie di check up e viene stabilita la diagnosi, cosa succede?
Dopo un’attenta valutazione neuropsicologica ed esami strumentali, il neurologo o il geriatra di riferimento forniranno una diagnosi che sarà il punto di partenza della presa in carico del paziente. Però, sappiamo che la demenza è una malattia che coinvolge l’intero nucleo familiare ed è per questo che soprattutto nelle fasi iniziali è facile che il caregiver possa sentirsi sopraffatto da tante informazioni nuove da gestire e che questo porti inevitabilmente a sentimenti di inadeguatezza e smarrimento. Per questo motivo è fondamentale che anche i familiari vengano presi in carico e che si rivolgano alle associazioni presenti sul territorio come la nostra, nate proprio per guidare e supportare i familiari ed i loro pazienti. Solo attraverso la condivisione di informazioni utili, una giusta guida nei vari iter burocratici ed il giusto supporto psicologico si può pensare di accompagnare il familiare facendolo sentire accompagnato e meno solo.
Ad oggi non c’è ancora una cura per le demenze, ma i vari studi stanno puntando il focus su in nuovo approccio olistico nonché sulle terapie non farmacologiche, in che senso?
Le terapie non farmacologiche sono un potente strumento che abbiamo a disposizione per poter arginare e contenere la patologia. Ad esempio, la stimolazione cognitiva è un intervento non farmacologico, che prevede la stimolazione delle varie funzioni cognitive come ad esempio attenzione, memoria, linguaggio al fine di potenziarle e tentare di rallentare il progredire della malattia. Prevede lo svolgimento di esercizi specifici in base ai deficit riscontrati dalla valutazione neuropsicologica e dalla diagnosi del singolo paziente ed è dedicata alle persone che già hanno ricevuto una diagnosi. Da anni con l’associazione stiamo portando avanti questa attività, sia in sede che a domicilio con buoni risultati permettendoci di aiutare concretamente i pazienti, fornendogli strumenti per mantenere la propria efficienza cognitiva e le proprie autonomie il più a lungo possibile.
Invece una nuova attività di nostro interesse è quella del training cognitivo, attività rivolte al mantenimento cognitivo in persone che però non hanno ricevuto una diagnosi di deterioramento cognitivo.
Questa attività nasce nell’ottica di voler ampliare l’iniziativa sulla prevenzione iniziata con lo screening cognitivo. Essendo infatti rivolto a persone anziane che vogliono mantenere attiva la mente ed invecchiare in modo consapevole, riteniamo che sia uno strumento di prevenzione di fondamentale importanza per arginare l’insorgenza di un possibile disturbo cognitivo.
