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Psicomagia: la felicità come uno strumento per raggiungere la guarigione
Oggi, 20 marzo, è la Giornata della felicità ideata nel 2011 e celebrata ufficialmente il 28 giugno 2012 dall’ONU, Organizzazione delle Nazioni Unite, secondo cui “L’Assemblea generale, consapevole che la ricerca della felicità è uno scopo fondamentale dell’umanità, riconoscendo inoltre di un approccio più inclusivo, equo ed equilibrato alla crescita economica che promuova lo sviluppo sostenibile, l’eradicazione della povertà, la felicità e il benessere di tutte le persone, decide di proclamare il 20 marzo la Giornata Internazionale della Felicità”.
L’ONU scrive la parola felicità con la F maiuscola, come ad intendere che questo stato d’animo è uno dei motori trainanti del nostro quotidiano. E così è, tanto è vero che la felicità è diventata un campo di ricerche accademiche (l’Università di Harvard tiene un corso di Happiness Studies) e un obiettivo fondamentale riconosciuto anche a livello istituzionale.
Attualmente, ci sono diversi modi per raggiungere questo stato di serenità, uno tra questi è la psicomagia, una pratica attraverso la quale gli individui arrivano a compiere azioni simboliche per comunicare con l’inconscio. In particolare, questo tipo di comunicazione crea un dialogo profondo tra conscio ed inconscio seguendo una logica simbolica e creativa.
Il termine psicomagia, che unisce i due concetti di psicologia e magia, è stato inventato da Alejandro Jodorowsky, scrittore surrealista e studioso di tarocchi. Negli anni sessanta rimase affascinato da una guaritrice messicana la quale, per migliorare la salute dei suoi pazienti, utilizzava dei metodi privi di qualsiasi valore mdico tradizionale. Le metodologie adottate erano pervase da una forza tale da portare spesso il paziente a reagire intraprendendo lui stesso una via per la ripresa. In tal modo riusciva a trovare una forza positiva dentro di sé o un’accettazione tranquilla della propria patologia.
Sulla base di queste esperienza, Jodorowsky elabora il concetto di psicomagia considerata come una forma d’arte misteriosa ma necessaria per il benessere delle persone. L’atto psicomagico si differenzia da quello magico perché con quest’ultimo l’individuo parla direttamente con l’inconscio attraverso le parole, le azioni e gli oggetti. Tramite il primo invece, le persone riescono a risolvere i loro problemi seguendo delle istruzioni ben precise. Le azioni individuali trasformano la consapevolezza in un comando rivolto alla parte inconscia che riesce a guarire, infine, le difficoltà. In tale ottica i rituali psicomagici, basati sul linguaggio simbolico, diventano degli strumenti di guarigione molto importanti perché sono in grado di superare le resistenze mentali.
L’obiettivo principale della piscomagia quindi è quello di prescrivere rituali che, attraverso il linguaggio dei simboli, comunicano con l’inconscio in maniera diretta, senza l’interferenza della mente e della parte conscia. Questi ultimi influenzano costantemente le scelte degli esseri umani, anche in momenti di profonda crisi.
Alejandro Jodorowsky racconta, ad esempio, di un ragazzo in preda ad una forte depressione poiché la figura severa del padre morto continuava ad influenzargli negativamente la sua quotidianità. L’artista gli disse di bruciare una foto del genitore, gettare le ceneri in un bicchiere di vino e berlo. In questo contesto dunque, il gesto psicomagico è dunque finalizzato ad essere costruttivo e soprattutto positivo. Jodorowsky ascolta, interroga, esplora il labirinto emotivo dei suoi interlocutori e pazienti senza dover per forza interpretare e forzare i significati.
La psicomagia esalta la positività e la felicità in un’azione a volte anche paradossale perché è solo agendo che si può essere in grado di sciogliere i nodi del malessere e rompere i muri delle paure interiori. Soltanto imparando ad essere felici che ogni individuo riesce a guarire definitivamente da tutti i suoi malesseri.