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A Ravenna tagli alle cure psichiatriche ai detenuti non residenti. Scoppia la polemica
“La Regione Emilia-Romagna chiarisca i motivi dei tagli alle cure psichiatriche ai detenuti non residenti”. A chiederlo è il sottosegretario alla giustizia Jacopo Morrone, a pochi giorni dalla visita alla casa circondariale di Port’Aurea a Ravenna, nel corso della quale il senatore ha anche annunciato di voler iniziare a ragionare su un progetto per realizzare una nuova struttura più capiente.
L’augurio di Morrone dunque è che dalla Regione l’assessore alla Salute, Sergio Venturi, chiarisca al più presto i motivi per cui sia stato deciso un taglio lineare delle risorse e delle strutture dedicate al ricovero e all’assistenza psichiatrica dei detenuti non residenti, dando un preavviso brevissimo rispetto alla scadenza del provvedimento previsto per il 31 ottobre prossimo.
La Regione, spiega il sottosegretario della Lega, avrebbe deciso di ridurre le risorse destinate ai detenuti che sono ricoverati nelle articolazioni di tutela della salute mentale annesse alla casa circondariale di Reggio Emilia, con una drastica riduzione dei posti da 50 a 25, che sarebbero destinati ai soli detenuti residenti in regione. Per i restanti detenuti già ricoverati, la Giunta prevede un trasferimento nelle regioni di provenienza anche se prive di strutture adeguate. “Una decisione – precisa – che non solo contravverrebbe al principio costituzionale del diritto alla salute, ma anche al fatto che questi ricoveri sono effettuati per disposizione dell’autorità giudiziaria. Vorremmo quindi capire cosa succederà dal primo di novembre, visto che, di fatto, si dovrebbero interrompere i percorsi di cura già in atto dei detenuti non residenti. Attiverò quindi i miei uffici – assicura – perché interpellino la Regione su questo tema che potrebbe avere ripercussioni gravi sull’organizzazione carceraria regionale”.
Quello sollevato tra i banchi del Parlamento è un tema quanto mai attuale e scottante per quanto riguarda la realtà delle carceri italiane. Stando infatti a uno studio svolto lo scorso anno dalla Società Italiana di Medicina e Sanità Penitenziaria in collaborazione con la Società Italiana di Psichiatria nell’ambito del “Progetto Insieme”, in Italia tre detenuti su 4 soffrono di una malattia mentale, dalla depressione a disturbi psicotici e della personalità.
Dietro le sbarre, la prevalenza di queste patologie sarebbe addirittura più alta rispetto alla popolazione generale.
Secondo le stime, infatti, il 4% dei detenuti è affetto da disturbi psicotici contro l’1% della popolazione generale.
La depressione, invece, colpisce il 10% dei reclusi contro una percentuale che oscilla tra il 2 e 4% tra i soggetti liberi mentre i disturbi della personalità raggiungono il 65% con una percentuale dalle 6 alle 13 volte superiore rispetto a quella che si riscontra normalmente (5-10%). “In carcere le malattie mentali hanno un’alta prevalenza: si stima – aveva spiegato Andrea Fagiolini, direttore della Clinica psichiatrica e della Scuola di specializzazione in Psichiatria dell’università di Siena in occasione delle pubblicazioni dei dati – che oltre il 75% dei detenuti conviva con un disturbo mentale, in particolare disturbi psicotici, della personalità e depressione. Questo perché se da un lato molti disturbi psichiatrici possono associarsi (non necessariamente con un rapporto di causalità diretto) con un’alta prevalenza di reati, dall’altro la carcerazione e l’ambiente carcerario possono essere fonte di stress che può portare in casi estremi anche al suicidio”.