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Sanità italiana. Vince Trento e il nord-est del paese, ultima la Sardegna
Una delle preoccupazioni che gli italiani riservano al proprio Paese riguarda il sistema sociosanitario nazionale, il quale spesso si dimostra non all’altezza delle urgenze che incorrono e con i tempi che necessitano di un’efficienza sempre più concreta e rapida. Tuttavia, non tutti i centri ospedalieri della Penisola presentano criticità nel settore medico. Ne è dimostrazione l’assistenza sanitaria di Trento che assieme a Bolzano, Toscana, Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna e Veneto, rientra nelle eccellenze. Sulla base di diversi aspetti, da quello sociale all’appropriatezza, passando per gli esiti, l’innovazione e la dimensione economico-finanziaria, è dunque l’area del nord-est a essere stata incoronata per modello vincente sulla tutela della salute. Un primato da non trascurare e per niente banale. Sono questi i risultati emersi dal ranking condotto dal C.R.E.A. Sanità dell’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata” sulle performance dei Sistemi sanitari regionali (Ssr) nella sesta edizione del monitoraggio presentata alla sala capitolare del Senato.
Al Sud si concentra l’area critica, formata da Sicilia, Molise, Puglia, Basilicata, Campania, Calabria. Ultima la Sardegna, che nel 2017 aveva registrato prestazioni nella media. In posizione intermedia Valle d’Aosta, Marche, Liguria, Umbria, Piemonte, Lazio e Abruzzo.
L’analisi è stata costruita sulla base di un monitoraggio definito democratico e non tecnocratico, basato sulle valutazioni di cinque diverse categorie di stakholder: utenti, istituzioni, professioni sanitarie, management aziendale, industria medicale. La Performance misurata è riferita alle diverse dimensioni della tutela regionale del diritto alla salute: in altri termini guarda alla domanda e non all’offerta (pubblica). Considerando i risultati numerici 2018, si oscilla da un massimo del 51% (del risultato massimo ottenibile) della P.A. di Trento, a un minimo del 19% della Sardegna. Sebbene il gap fra la prima e l’ultima si sia ridotto, rimane ancora un divario notevole. In coda alla classifica si trovano le regioni dell’area “critica”: Sicilia, Molise, Puglia, Basilicata, Campania, Calabria, Sardegna. Valle d’Aosta, Marche, Liguria, Umbria, Piemonte, Lazio, Abruzzo si posizionano in un’area di prestazioni «intermedia».
Dati riportati dal Sole 24 Ore a cui Andrea Urbani, direttore generale della Programmazione Sanitaria del Ministero della Salute, ha ammesso che ciò di cui il sistema sanitario italiano ha più bisogno è un accorciamento delle enormi variabilità territoriali, prima su tutte nord-sud. “Bisogna ragionare su percorsi socio-sanitari verificando la possibilità di trasformare gli aiuti economici in servizi destinati alla persona non autosufficiente”, ha affermato lo stesso Urbani parlando di una vera manutenzione. “L’offerta deve basarsi sulla domanda effettiva – sottolinea Claudio D’Amario, direttore generale della Dg Prevenzione del ministero della Salute – rivedendo il modello organizzativo e costruendo una cultura della medicina territoriale, anche riprogrammando i fabbisogni di professionalità per puntare su un approccio moderno al ‘task shifting’ e valorizzare le professioni sanitarie. Senza dimenticare che la prevenzione è la vera forma di risparmio in sanità: basterebbe che i medici prescrivessero la palestra invece dei farmaci per guadagnare diversi anni di vecchiaia in buona salute”.