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Anziani e tempo libero. Cosa accade agli over 65 dopo la pensione
Invecchio imparando ogni giorno nuove cose. Risulta essere sempre attuale ed efficace questa massima di Solone, poeta e politico ateniese, e quanto mai veritiera se rapportata alla nuova indagine diffusa dall’Inrca, l’Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico per Anziani, necessaria ai fini di valutare il fenomeno culturale e antropologico dell’invecchiamento su scala europea.
Includere l’attività di svago e tempo libero nei fattori che misurano l’invecchiamento attivo e promuovere così alcuni degli hobby più comuni come viaggi, cinema, teatro, giardinaggio, musica, modellismo e pittura. È questa l’esigenza messa in evidenza all’interno dello studio, pubblicato sulla rivista Ageing & Society dell’Università di Cambridge, parte del progetto europeo Ewl – Extending Working Lives – che ha l’obiettivo di comprendere le conseguenze dell’allungamento della vita lavorativa sulla salute, oltre a indagare l’impatto del pensionamento sullo stile di vita. “Il collocamento a riposo – spiega il direttore scientifico dell’Inrca Fabrizia Lattanzio – comporta nuove routine che riguardano una vasta serie di attività quotidiane come l’esercizio fisico, la dieta, il sonno e le relazioni sociali. È un periodo di transizione in cui possono nascere anche nuovi impegni, come volontariato e assistenza ai familiari”.
Lo studio ha coinvolto 133 lavoratori prossimi alla pensione in tre Paesi: 55 in Inghilterra, 40 in Italia, e 38 negli Stati Uniti. Tramite interviste condotte 10 mesi prima del pensionamento, sono stati chiesti quali fossero i progetti per il futuro. Ne è stata valutata così la rispondenza con i fattori che compongono l’Indice di Invecchiamento attivo (Active Aging Index), che serve per misurare l’invecchiamento attivo in un contesto geografico attraverso vari fattori, tra cui il mantenimento di un lavoro dopo la pensione, la partecipazione alla vita sociale e familiare (volontariato e cura di genitori e nipoti), il grado di indipendenza economica, l’autonomia psico-fisica (che comprende attenzione alla salute, attività motoria e studio) e la capacità di mantenere relazioni con amici, parenti e colleghi.
“Benché i piani dichiarati siano nel complesso in linea con gli indicatori inclusi nell’Indice – commenta Andrea Principi, del Centro ricerche socio-economiche per l’invecchiamento – molti soggetti nei tre campioni hanno affermato di voler riprendere gli hobby abbandonati a causa degli impegni lavorativi, o iniziarne di nuovi”. “Oggi – spiega – gli anziani gestiscono efficacemente il tempo libero. Vanno al cinema, visitano musei, viaggiano, si dedicano alla manutenzione del verde, attività importanti per il benessere psico-fisico alla pari dell’attività motoria. Ciò che manca quindi è l’inclusione nell’Indice di attività dedicate allo svago, il cosiddetto ‘active leisure’, ed il fatto che questa tendenza emerga in contesti socio-culturali diversi indica che si tratta di un’esigenza diffusa e pertanto da promuovere”.
Se la propensione a dedicarsi agli hobby trova d’accordo gli intervistati dei tre Paesi, diversi sono i punti di vista sull’impiego del proprio tempo da pensionati. Ritornare al lavoro non sembra tra le priorità, in particolare degli italiani. “Dopo 42 anni e sei mesi sono pronto per fare altre cose nella vita” dichiara un sessantenne italiano. Meno categorici sul tema gli anglosassoni. “Non vorrei niente di fisso. Potrebbe essere qualcosa che mi impegni un giorno a settimana, per sei mesi, così avrei altri sei mesi all’anno per viaggiare” afferma una donna inglese 55enne. L’orientamento a rimanere nel mercato del lavoro è invece più evidente oltreoceano: “Andrei in pensione per fare qualcosa di diverso: preferirei un impiego che mi consentisse di modificare lo stile di vita” dichiara invece un 64enne americano.
Anche in prospettiva di eventuali difficoltà economiche, all’estero si ipotizza un possibile impiego, mentre gli italiani consultati lo escludono totalmente. Piuttosto si accetta l’idea di limitare i consumi: “Non importa se avrò finito i soldi e dovrò aspettare dieci giorni per ricevere la pensione. Se dovessi fare rifornimento all’auto, vorrà dire che non la userò. Ma non ricomincerei di certo a lavorare per pagare le spese”, dichiara un’italiana di 59 anni.
Accudire i familiari, specialmente anziani, almeno nel campione italiano non sembra una ‘scelta volontaria’, ma imposta dalla situazione. “Mi piacerebbe riprendere gli hobby, viaggiare, ma nessuna di queste ipotesi è realistica, a causa dei miei genitori. Tutti i piani sono sospesi per ora”, sostiene un’italiana 62enne. Meno marcato, in genere, l’atteggiamento inglese, visto come supporto occasionale alla famiglia: “Ho già fatto da padre ai miei figli. Ora è loro compito accudire i propri bambini. Potrei stare con i nipoti due o tre volte a settimana, ma voglio fare anche altre cose” dice un 59enne britannico.
C’è chi afferma di non avere piani. “La mancata pianificazione delle attività future comporta in alcuni casi uno stato d’ansia che può compromettere le sensazioni positive generalmente associate al pensionamento. È necessario quindi un maggiore supporto durante la transizione lavoro-pensione, mediante corsi o colloqui di orientamento” – spiega Principi. Proprio per valutare in che misura i programmi dichiarati saranno rispettati, lo studio prevede due successive interviste a distanza di uno e due anni. “In Italia si tende ad uscire dall’età produttiva prima possibile, poiché si ha paura di rimanere bloccati a causa di una riforma dell’ultima ora che possa cambiare i requisiti, come l’innalzamento dell’età pensionabile. Una situazione che molti degli intervistati italiani hanno già vissuto, avendo dovuto rimandare, la data pianificata anche un paio di volte”.