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Vaiolo delle scimmie: gli aggiornamenti della nuova circolare del Ministero della Salute
Tra i punti principali la gestione dei casi, il tracciamento dei contatti, test e vaccinazione mirata
Aumentano i casi di vaiolo delle scimmie nel mondo. L’Organizzazione mondiale della sanità il 23 luglio 2022 ha dichiarato il vaiolo delle scimmie (Monkeypox) ‘un’emergenza sanitaria pubblica di rilevanza internazionale (PHEIC)’ e formulato una serie di raccomandazioni.
Con circa 4600 casi in tutti gli Stati Uniti nella città di New York si contano quasi 1400 casi diventando così l’epicentro dell’epidemia negli Usa. Di fronte all’aumento dei contagi di vaiolo delle scimmie, la governatrice di New York, Kathy Hochul, ha dichiarato lo stato di emergenza.
Al 2 agosto in Europa sono stati confermati 15.624 casi di monkeypox in 32 Paesi. In Spagna il primo caso di morte per il vaiolo delle scimmie si è registrato a Valencia e un secondo in Andalusia.
Tra i paesi a rischio elevato anche l’Italia. Secondo l’ultimo bollettino pubblicato dal ministero della Salute sono 505 i casi confermati di vaiolo delle scimmie.
Il Ministero della Salute ha varato una nuova circolare con gli aggiornamenti sulla definizione di caso, segnalazione, tracciamento dei contatti e gestione dei casi.
“Il vaiolo delle scimmie – si legge nella circolare – può essere trasmesso a chiunque, indipendentemente dall’orientamento sessuale o dall’identità di genere, attraverso il contatto con fluidi corporei, contatto con le lesioni o oggetti condivisi. In specifici contesti ambientali ed epidemiologici, sulla base delle valutazioni delle autorità sanitarie, potrebbe essere richiesta l’applicazione di misure quarantenarie”.
Quarantena per i contatti stretti di persone con vaiolo delle scimmie, tracciamento dei contatti, test e vaccinazione mirata, sono i punti principali della circolare.
Nel caso in cui si risulta positivo al vaiolo delle scimmie scatta l’isolamento fino alla caduta delle croste dell’eruzione cutanea, che indica la fine dell’infezione. In presenza di segni e sintomi che non richiedono ricovero, il caso confermato – se le condizioni abitative e igienico-sanitarie lo consentono – può essere seguito al domicilio secondo le procedure definite a livello locale, in regime di isolamento anche rispetto ai conviventi ed eventuali altre persone che prestano assistenza.
Il protocollo prevede di: rimanere in isolamento in stanza dedicata, quando sono a casa; utilizzare oggetti domestici dedicati (vestiti, lenzuola, asciugamani, utensili per mangiare, piatti, bicchieri), che non devono essere condivisi con altri membri della famiglia; evitare il contatto con persone immunocompromesse fino alla guarigione dell’eruzione cutanea; evitare contatti stretti o intimi (abbracci, baci, contatti prolungati faccia a faccia in spazi chiusi) con altre persone fino alla completa guarigione dell’eruzione cutanea; provvedere ad un’accurata igiene delle mani e respiratoria (per il caso e per tutti i membri della famiglia); utilizzare una mascherina chirurgica in caso di contatto con altre persone; astenersi dall’attività sessuale fino alla caduta delle croste; evitare il contatto con qualsiasi mammifero da compagnia, in particolare con i roditori e lagomorfi da compagnia (topi, ratti, criceti, gerbilli, porcellini d’India, scoiattoli, conigli, ecc.).
Il tracciamento dei contatti permette la rapida identificazione di nuovi casi, di interrompere la trasmissione del virus e contenere l’epidemia. Permette, inoltre, di identificare precocemente e gestire eventuali contatti a rischio più elevato di sviluppare una malattia grave. Nella ricerca dei contatti vanno considerati diversi contesti, tra cui famiglia, posto di lavoro, scuola/asilo nido, contatti sessuali, assistenza sanitaria, trasporti, sport, incontri sociali e qualsiasi altra interazione ricordata. Gli elenchi delle presenze, le liste passeggeri, ecc. possono essere ulteriormente utilizzati per identificare i contatti.
La ricerca dei contatti deve iniziare il prima possibile dopo la conferma di un caso di MPX. La contagiosità dell’MPX è legata principalmente alla presenza dell’eruzione cutanea, anche se le lesioni sono poche; tuttavia, anche i pazienti con sintomi prodromici (quali febbre, mialgia, affaticamento e cefalea) possono trasmettere il virus. Attualmente, nessuna evidenza disponibile suggerisce l’esistenza di una trasmissione pre-sintomatica di MPXV. Pertanto, per la ricerca di contatti stretti, devono essere presi in considerazione gli individui che sono stati esposti al caso nell’intervallo tra la comparsa dei sintomi e la guarigione/risoluzione dell’eruzione cutanea. Pertanto, il periodo infettivo deve essere considerato a partire dalla comparsa dei sintomi prodromici fino alla caduta delle croste di tutte le lesioni e la formazione di nuova pelle. Se non vengono segnalati sintomi prodromici, come spesso accade in questo focolaio, si può considerare come inizio del periodo infettivo dell’MPX un giorno prima della comparsa dell’eruzione cutanea. Se per identificare il caso indice o il luogo di infezione si effettua anche il tracciamento a ritroso dei contatti sessuali, il periodo di riferimento deve coprire i 21 giorni precedenti la comparsa dei sintomi.
I contatti stretti devono essere identificati il prima possibile e informati della loro esposizione e del rischio di sviluppare l’infezione. Devono inoltre essere istruiti sui sintomi della MPX e del momento in cui i sintomi possono comparire. Si raccomanda, per i contatti stretti:
– auto-monitoraggio della febbre (almeno due volte al giorno) o di altra sintomatologia riconducibile a MPX (mal di testa, mal di schiena, linfoadenopatia ecc.) o eruzione cutanea da causa sconosciuta nei 21 giorni dall’ultima esposizione. In tal caso, informare tempestivamente il Dipartimento di Prevenzione e il medico curante, auto-isolarsi e evitare i contatti stretti compresa l’attività sessuale fino ad esclusione di MPX;
– astenersi dalle attività sessuali per 21 giorni dopo l’ultima esposizione o finché non si esclude l’MPX;
– praticare un’attenta igiene delle mani e respiratoria (coprire bocca e naso quando si starnutisce o tossisce, con fazzoletti monouso da smaltire correttamente e lavarsi spesso le mani);
– evitare il contatto con persone immunocompromesse, bambini sotto i 12 anni e donne in gravidanza per 21 giorni dopo l’ultima esposizione;
– evitare il contatto stretto diretto con animali, inclusi gli animali domestici, per 21 giorni dopo l’ultima esposizione;
– I contatti asintomatici che controllano adeguatamente e regolarmente il loro stato possono continuare le attività quotidiane di routine come andare al lavoro e frequentare la scuola (la quarantena non è necessaria). Le autorità sanitarie locali possono scegliere di escludere i bambini in età prescolare da asili nido, scuole materne o altri ambienti di gruppo.
In specifici contesti ambientali ed epidemiologici, sulla base delle valutazioni delle autorità sanitarie, potrebbe essere richiesta l’applicazione di misure quarantenarie.
Per i contatti con esposizioni a basso rischio “è possibile adottare la sorveglianza passiva, autocontrollarsi e informare il proprio medico di famiglia”.
Tra i punti chiave per la diagnosi di infezione da Monkeypoxvirus (MPXV), il test di laboratorio che andrebbe eseguito per tutti i casi sospetti.
Un test rapido per rilevare in pochi minuti se si è positivi al vaiolo delle scimmie è stato sperimentato dal dottor Gaetano Cardinale e dal suo gruppo di ricercatori al Consorzio Sannio Tech a Benevento. Si tratta di nuova tecnica diagnostica per avere in breve tempo la risposta sul paziente, se ha il vaiolo in quel momento ma anche se lo ha avuto in passato e ora è guarito. “La pandemia covid – spiega all’ANSA Cardinale – ci ha spinti a considerare con grande attenzione eventuali nuove infezioni che cominciano a circolare e in questo periodo stiamo lavorando sul vaiolo delle scimmie, che sta avendo un’estensione sempre maggiore. Ci siamo concentrati sullo sviluppo di un test rapido che funziona dandoci la segnalazione degli anticorpi con immonoglobuline G ed M. Due informazioni che spiegano la presenza del vaiolo o il suo passaggio nel corpo”. Per sapere se si ha o meno il vaiolo delle scimmie basta uno spillino sul dito e due gocce di sangue. “In pochi minuti c’è la risposta – spiega il ricercatore – ma resta comunque un test di uso professionale, non un autotest come quelli sul covid. Il test individua subito la presenza di una delle due classi di immunoglobuline che indica la presenza della malattia: se hai la G significa che hai avuto in passato il vaiolo delle scimmie, con la M che hai la malattia in corso. C’è anche un lasso di tempo in cui malattia si indebolisce, perde la carica virale e quindi si riducono le immunoglobuline M e ci sono anche le G: se un paziente ha un test con entrambe vuol dire che la malattia c’è ma sta finendo”.
Il gruppo di Cardinale ha studiato questo test per due mesi per portarlo a termine e ora scatta la sperimentazione sul campo, all’Ospedale Cotugno di Napoli, dove Alessandro Perrella guida il team che si sta occupando del vaiolo delle scimmie. “Ora da metà agosto – spiega Cardinale – partono al Cotugno le prove sul campo che sono fondamentali per valutare le performance cliniche, non quelle di laboratorio. Credo che in un mese e mezzo finirà il percorso al Cotugno e potremo avere la validazione del test dal ministero e la sua diffusione in Italia”.
Vaccinazione
L’OMS il 14 giugno ha pubblicato una guida provvisoria che fornisce le prime raccomandazioni dell’OMS sui vaccini e l’immunizzazione per il vaiolo delle scimmie. La vaccinazione di massa per il vaiolo delle scimmie, al momento, non è richiesta né raccomandata; per i contatti dei casi, si raccomanda la profilassi post-esposizione (PEP) con un appropriato vaccino di seconda o terza generazione, idealmente entro quattro giorni dalla prima esposizione per prevenire l’insorgenza della malattia; la profilassi pre-esposizione (PrEP) è raccomandata per gli operatori sanitari a rischio, il personale di laboratorio che manipola orthopoxvirus e quello che esegue test diagnostici per il vaiolo delle scimmie. La maggior parte delle raccomandazioni fornite dall’OMS riguarda l’uso off-label dei vaccini. L’unico vaccino antivaiolo autorizzato nell’UE dall’EMA è quello della Bavarian Nordic (MVA-BN), denominato IMVANEX.
Nella circolare, firmata dal direttore generale per la prevenzione Gianni Rezza, si specifica che “apposite indicazioni sulla strategia di vaccinazione in Italia contro il vaiolo delle scimmie saranno fornite con successiva pubblicazione”.
Nel frattempo l’Istituto per le malattie Infettive Lazzaro Spallanzani di Roma ha annunciato di essere pronto a partire con la vaccinazione, ma è in attesa da parte del Ministero dei criteri di definizione della platea, ovvero norme per il reclutamento e indicazione delle fasce di età. “Lo Spallanzani ha offerto la propria disponibilità ad essere centro regionale di riferimento per la vaccinazione per il Monkeypox”, dichiara il direttore generale dell’Istituto di Malattie infettive Spallanzani, Francesco Vaia. “Abbiamo offerto, inoltre, la nostra expertise, anche con il contributo delle Associazioni, per una corretta campagna di informazione. Attendiamo le Linee guida ministeriali alle quali stiamo attivamente collaborando”.
Il vaccino del vaiolo per monkeypox, secondo quanto si apprende dalla Regione Lazio, prevede una prima dose e un richiamo da somministrare dopo un intervallo di 2-3 mesi.
L’annuncio dello Spallanzani “è una buona notizia ma non può essere l’unico centro a vaccinare”. Ha commentato Matteo Bassetti, direttore della Clinica di malattie infettive del Policlinico San Martino di Genova. “Se si parte con un programma di vaccinazione contro il vaiolo delle scimmie – ha specificato – deve essere offerto a tutti gli italiani che rientrano nelle categorie potenzialmente a rischio. Bisogna partire con una campagna nazionale, disponibile in tutte le regioni italiane e bisogna farlo rapidamente, perché l’Italia è in ritardo rispetto agli altri Paesi pur essendo al decimo posto per numero di casi”.