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Il vaiolo delle scimmie è emergenza sanitaria globale
Il vaiolo delle scimmie è emergenza sanitaria pubblica di rilevanza internazionale (Pheic). Lo ha dichiarato il direttore generale dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) Tedros Adhanom Ghebreyesus in una conferenza stampa il 23 luglio. Si tratta del più alto livello di allerta dell’Oms. Oltre a questa, sono due le emergenze sanitarie internazionali in vigore nel mondo: quella dichiarata da fine gennaio 2020 per il Covid-19 e quella attivata dal 2017 da gravi focolai di poliomielite in paesi come Pakistan, Afghanistan o Nigeria.
Tedros Adhanom Ghebreyesus ha precisato che il rischio nel mondo è relativamente moderato mentre in Europa, epicentro dell’epidemia, è alto dove il rischio di contagio è stato rilevato l’80% dei casi.
Il direttore generale dell’Oms ha affermato che per i Paesi con casi recenti e trasmissione locale tra esseri umani, l’emergenza internazionale richiede “una risposta coordinata per fermare la trasmissione tra gruppi vulnerabili”. Il direttore generale dell’Oms ha chiesto inoltre di aumentare la tracciabilità, le misure di prevenzione della salute pubblica, rafforzare la gestione dell’epidemia nelle cliniche e negli ospedali e “accelerare le indagini su vaccini, terapie e altri strumenti”.
L’infezione da vaiolo delle scimmie “è all’inizio di un percorso di diffusione inatteso e preoccupante. È urgente intervenire, perché non andrà via da solo e i casi continuano a crescere”. Lo sottolinea la virologa Ilaria Capua, direttrice dell’One Health Center of Excellence dell’Università della Florida. Questo virus “bisogna tenerlo sotto controllo – ha aggiunto – e serve una strategia condivisa perché non si può affrontare un’emergenza del genere pensando di gestirsela ognuno a modo suo”.
Secondo il Centro americano per il controllo e la prevenzione delle malattie (Cdc) al 22 luglio, il vaiolo delle scimmie ha colpito più di 16.836 persone in 74 Paesi da inizio maggio, quando è stata rilevata la malattia al di fuori dei paesi africani dove è endemica.
In Italia finora sono stati registrati 407 casi con tendenza alla stabilizzazione. Il Ministero della salute con apposita ordinanza ha già predisposto, insieme alle Regioni e Province Autonome, le modalità di segnalazione dei singoli casi. Per il direttore generale della prevenzione del Ministero della Salute, Gianni Rezza, “La situazione è sotto costante monitoraggio ma non si ritiene debba destare particolari allarmismi”.
Con “1.700 casi in un solo giorno nel mondo, l’epidemia di vaiolo delle scimmie ha toccato il record di diagnosi. I dati epidemiologici dicono che i casi riguardano prioritariamente una popolazione abbastanza ristretta: maschi, tra i 20 e i 40 anni, che si sono contagiati preferenzialmente per via sessuale o per contatto diretto. È urgente raccomandare la vaccinazione e altri provvedimenti preventivi a queste persone”. Lo ha scritto su Facebook Matteo Bassetti, direttore della Clinica di Malattie infettive del Policlinico San Martino di Genova.
Proprio sul fronte vaccino contro la diffusione del vaiolo delle scimmie, il 25 luglio si è svolta a Bruxelles una riunione sul dossier vaiolo delle scimmie tra la commissaria Ue alla Salute Stella Kyriakides, l’Agenzia europea del farmaco (Ema), il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc) e l’Autorità per la preparazione e la risposta all’emergenza sanitaria (Hera). “Ci siamo riuniti per intensificare l’azione dell’Ue e il sostegno agli Stati membri – ha scritto in un tweet Kyriakides – per affrontare il problema del vaiolo delle scimmie. Le vaccinazioni, le terapie, la sorveglianza, il tracciamento dei contatti e una chiara comunicazione pubblica saranno i nostri strumenti per affrontare questa situazione preoccupante”.
La Commissione europea ha approvato il vaccino del gruppo farmaceutico Bavarian Nordic. Il via libera da Bruxelles segue quello del regolatore europeo, l’Agenzia europea per i medicinali (Ema), che venerdì scorso aveva dato il suo consenso al vaccino Imvanex, già autorizzato dal 2013 nell’Unione Europea contro il vaiolo umano.
“Questa approvazione del vaccino per il vaiolo delle scimmie è un esempio di buona cooperazione tra la Bavarian Nordic e i regolatori europei, con un’estensione del lavoro che normalmente richiede da sei a nove mesi”, ha affermato in una nota il produttore danese. Il via libera della Commissione è valido in tutti i paesi membri dell’Unione Europea oltre che in Islanda, Liechtenstein e Norvegia, ha specificato il gruppo.
In Italia, il ministero della Salute con un decreto ha dato il via libera alla distribuzione temporanea, fino al 31 dicembre, del vaccino Jynneos, prodotto dall’azienda Bavarian Nordic.
La diffusione nell’uomo del Vaiolo delle Scimmie è oggetto di studio
Sul prestigioso New England Journal of Medicine di luglio è stato pubblicato un articolo che ha studiato la diffusione nell’uomo del vaiolo delle scimmie in 16 Paesi. Tra i firmatari la prof.ssa Cristina Mussini, Direttrice delle Malattie Infettive del Policlinico e docente UNIMORE.
L’articolo è il frutto del lavoro di un gruppo internazionale di clinici che hanno raccolto un’ampia casistica per descrivere la presentazione, il decorso clinico e gli esiti delle infezioni da virus del vaiolo delle scimmie confermate dalla reazione a catena della polimerasi.
“Prima dell’aprile 2022 – ha spiegato la prof.ssa Cristina Mussini – l’infezione da virus del vaiolo delle scimmie negli esseri umani era raramente segnalata al di fuori delle regioni africane dove è endemica. Attualmente, i casi si stanno verificando in tutto il mondo. La trasmissione, i fattori di rischio, la presentazione clinica e gli esiti dell’infezione sono scarsamente definiti. Scopo del nostro lavoro è colmare questa lacuna nelle nostre conoscenze.”
Lo studio ha analizzato 528 infezioni diagnosticate tra il 27 aprile e il 24 giugno 2022, in 43 aree di 16 paesi. Complessivamente, il 98% delle persone con infezione erano uomini omosessuali o bisessuali; il 75% erano bianchi e il 41% aveva un’infezione da virus dell’immunodeficienza umana; l’età media era di 38 anni.
“Uno dei nostri primi sospetti – ha aggiunto – è stato che la trasmissione avvenisse per via sessuale. Effettivamente, abbiamo rilevato infezioni sessualmente trasmissibili concomitanti al vaiolo delle scimmie in 109 delle 377 persone (29%) che sono state testate. Tra le 23 persone con una chiara storia di esposizione, il periodo di incubazione mediano è stato di 7 giorni (range, da 3 a 20). Questo dato non è ancora decisivo per affermare con certezza che quella sessuale sia l’unica forma di trasmissione, anche perché il virus è stato riscontrato in diversi liquidi biologici quali saliva, urine, feci e sangue.”
In particolare, il DNA del virus Monkeypox è stato rilevato in 29 delle 32 persone in cui è stato analizzato il liquido seminale. Sottolineo come anche i liquidi biologici di alcuni dei nostri pazienti inclusi nello studio siano stati analizzati presso il laboratorio di microbiologica dell’IRCCS Sant’Orsola di Bologna diretto dalla professoressa Tiziana Lazzarotto. Il trattamento antivirale è stato somministrato al 5% delle persone in totale e 70 (13%) sono state ricoverate in ospedale; le ragioni del ricovero sono state la gestione del dolore, principalmente per il dolore anorettale grave (21 persone); superinfezione dei tessuti molli (18); faringite che limita l’assunzione orale (5); lesioni oculari (2); danno renale acuto (2); miocardite (2); e finalità di controllo delle infezioni (13). Non sono stati segnalati decessi tra i partecipanti a questo studio.
In questa serie di casi, il vaiolo delle scimmie si è manifestato con una varietà di reperti clinici dermatologici e sistemici. L’identificazione simultanea di casi al di fuori delle aree in cui il vaiolo delle scimmie è stato tradizionalmente endemico evidenzia la necessità di una rapida identificazione, della diagnosi rapida dei casi per contenere un’ulteriore diffusione nella comunità e la prescrizione del vaccino alle popolazioni a maggiore rischio.
“Questo studio – ha concluso la prof.ssa Mussini – è un punto di partenza, un mattone di una casa della conoscenza di questa malattia che deve essere ancora costruita. Il nostro campione di casi si riferiva a persone che presentavano sintomi che le portavano a cercare assistenza medica. Non abbiamo testato, quindi, gli asintomatici. I sintomi sono stati registrati dal momento della presentazione e quindi i primi sintomi potrebbero essere stati sottostimati, limitando le informazioni sul periodo di incubazione. Poiché i virus non conoscono confini, il mondo ha bisogno di muoversi in modo coeso e rapido per colmare le lacune nella conoscenza e contenere l’epidemia che ha già raggiunto i 14000 casi dall’inizio dell’anno, con 5 decessi. Senza un trattamento o una profilassi ampiamente disponibili, l’identificazione rapida dei casi è vitale per il contenimento”.