Questo sito Web utilizza i cookie in modo che possiamo fornirti la migliore esperienza utente possibile. Le informazioni sui cookie sono memorizzate nel tuo browser ed eseguono funzioni come riconoscerti quando ritorni sul nostro sito Web e aiutare il nostro team a capire quali sezioni del sito Web trovi più interessanti e utili.
L’Italia è una nonna dai capelli bianchi: scarseggiano le nasciate e si muore tardi
Non è certo una novità: in Italia ci sono più nonni che nipoti.
Il Belpaese da molti anni presenta un dato negativo che certamente procurerà serie conseguenze alle generazioni future, se ce ne saranno abbastanza. La lancetta demografica italiana è ben fissa sugli over 65 e le nascite scarseggerebbero in modo preoccupante se solo non fossero smosse positivamente dai figli degli extracomunitari che vengono alla luce sul territorio nazionale. Secondo i dati Istat, infatti, gli stranieri residenti in Italia dal 2011 sono aumentati di circa 2,2 milioni di persone, tra nuovi ingressi e persone che hanno ottenuto la cittadinanza italiana. A questo vanno aggiunti i matrimoni e le nascite, che dal 2011 al 2016 hanno incrementato del 40% i rapporti di lavoro con gli immigrati
Ma, immigrazione a parte, l’Italia, nella vecchia Europa, non è la sola a registrare il primato demografico. Al suo fianco ci sono Spagna, Portogallo, Norvegia e Cipro. Andando nel mondo: Singapore e Sud Corea con meno di due figli per donna. Al contrario, 104 Paesi tra cui Niger, Mali, Chad, e Sud Sudan compensano il gap, con una media di 7 figli per donna.
Sono questi i dati presentanti dal Global Burden of Disease (Gbd) 2017 e pubblicati dalla rivista ‘Lancet’ a seguito del lavoro di 3.676 collaboratori di 146 Paesi. L’analisi coinvolge ben 38 miliardi di dati, su 359 malattie e 84 fattori di rischio. Questo sistema di ‘misurazione della salute’ nato nel 1991 su richiesta della Banca Mondiale individua i fattori di rischio per la salute e il loro impatto sugli anni di vita ed è gestito dall’Institute for Health Metrics and Evaluation (Ihme). “La speranza di vita in Italia è tra le migliori del mondo, con una media di 83,2 anni di vita pro capite. Gli uomini vivono in media 80,8 anni (di più solo in Svizzera, Israele e Giappone), mentre le donne 85,3 anni (siamo settimi dopo Giappone, Kuwait, Islanda, Spagna, Francia e Svizzera)”. A dirlo è Luca Ronfani, pediatra epidemiologo, direttore di Epidemiologia clinica e ricerca sui servizi sanitari dell’ospedale Burlo Garofolo di Trieste, che coordinerà la prossima edizione italiana del lavoro: per 20 mesi – da ottobre 2018 a maggio 2020 – essa interesserà 14 istituti italiani e oltre 40 ricercatori, nella raccolta di indicatori utili a tracciare un quadro dei principali fattori di rischio che impattano sulla salute degli italiani (fumo, ambiente, abitudini alimentari, incidenti e tanto altro ancora).
Con un’aspettativa di vita di 85,4% per le donne e di 81,3 per gli uomini, a guida delle regioni più longeve c’è la Toscana che conta 3,7 milioni di abitanti, la cui età media è di 46,5 anni. Anche in questo caso è facilmente intuibile che a tenere alta la bandiera della longevità sono le donne (al 52%). Negli ultimi tre anni si registra una tendenza al calo demografico e un residente su quattro è anziano: gli over 64 sono 942 mila e di questi il 53% sono anziani (over 84). Si tratta della terza incidenza più elevata d’Italia dopo Liguria e Friuli Venezia Giulia, e il trend è in costante crescita. Secondo l’analisi Eurostat storicamente, una maggiore longevità può essere dovuta a una serie di fattori, tra cui miglioramento delle condizioni socioeconomiche e ambientali, cambiamenti nelle condizioni di lavoro/occupazioni, cambiamenti nello stile di vita o migliori cure e cure mediche.