Questo sito Web utilizza i cookie in modo che possiamo fornirti la migliore esperienza utente possibile. Le informazioni sui cookie sono memorizzate nel tuo browser ed eseguono funzioni come riconoscerti quando ritorni sul nostro sito Web e aiutare il nostro team a capire quali sezioni del sito Web trovi più interessanti e utili.
Come si legge l’etichetta alimentare? Cibo più sicuro, salute migliore, lo sguardo dell’Europa al 2050
Intervista alla biologa nutrizionista Cristina Abati
Da dove proviene? Cosa contiene e per quale percentuale? Mi farà bene? Sono innumerevoli le domande che il consumatore medio si pone prima di acquistare un alimento ed è proprio per rispondere all’ampio ventaglio di quesiti ma anche con lo scopo di educare la vasta platea a una spesa consapevole che nel 2019 l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha istituito la Giornata Mondiale della Sicurezza Alimentare, da intendersi anche come un’occasione di riflessione su un tema di grande rilevanza sociale, economica e sanitaria. Si stima infatti che annualmente in tutto il mondo le malattie a trasmissione alimentare colpiscono circa 600 milioni di persone e possono rappresentare un grave rischio per la salute, in particolare quella dei bambini e dei consumatori appartenenti a fasce socialmente svantaggiate. Per poter portare sulla propria tavola una serie di prodotti sani e sicuri il consumatore deve sapere leggere l’etichetta alimentare, ovvero l’insieme delle menzioni, delle indicazioni e dei marchi di fabbrica o di commercio, delle immagini o dei simboli che si riferiscono ad un prodotto alimentare e che figura direttamente sull’imballaggio o sulla confezione o su una etichetta appostavi o sui documenti di trasporto. Ne abbiamo parlato con Cristina Abati, biologa nutrizionista che quotidianamente accompagna i suoi pazienti in un percorso di sicurezza alimentare.
Dottoressa Abati il consumatore del nostro tempo che grado di preparazione ha a questo riguardo?
Sono realmente pochi i consumatori che conoscono le leggi che regolamentano l’etichetta alimentare, vera e propria carta d’identità del prodotto a cui andrebbe prestata la massima attenzione prima di procedere con l’acquisto, dovrebbe essere più veritiera e alla portata del consumatore medio, che non ha una vera e propria base. L’etichetta infatti ha l’obiettivo di tutelare il consumatore. A tale scopo, le informazioni che riporta devono essere corrette, trasparenti, veritiere e non attribuire al prodotto capacità di prevenzione o guarigione da malattie.
Lei fa una differenza tra l’alimento “sicuro” e l’alimento “sano”. In cosa differiscono queste due categorie?
Principalmente quando si parla di cibo sicuro siamo nel campo della igiene alimentare, quella branca della medicina che si occupa di prevenire le principali patologie, infettive e crono-degenerative, di cui soffriamo. Le malattie trasmesse con gli alimenti rappresentano un importante problema di salute pubblica sia nei paesi sviluppati che in quelli in via di sviluppo. Su queste basi la sicurezza alimentare aggrega tutte le condizioni e le misure necessarie a garantire la sicurezza e l’idoneità degli alimenti, in ogni fase della catena alimentare. Ha, quindi, un ruolo centrale all’interno del processo di preparazione con lo scopo di garantire che i prodotti consegnati al consumatore non interferiscano con la salute personale.
Sono oltre 200 le malattie che possono essere diffuse tramite il cibo..
Il campo della sicurezza è nettamente migliorato: le malattie infettive e crono-degenerative si sono ridotte di gran lunga a seguito dello sviluppo di tutti quei processi che riguardano la vendita dell’acqua potabile, l’introduzione dei metodi di conservazione, oppure il progresso registrato dalla campagna vaccinale contro l’epatite A.
L’alimento sano invece qual è?
L’alimentazione sana è quella equilibrata che dona all’organismo benefici. L’educazione alimentare rappresenta il primo ed efficace strumento di prevenzione a tutela della salute, tanto come azione quanto come prevenzione. Un’alimentazione varia ed equilibrata è alla base di una vita in salute. Cattive abitudini alimentari e uno stile di vita sedentario rappresentano uno dei principali fattori di rischio per l’insorgenza di numerose malattie croniche.
Qual è la relazione che intercorre tra benessere alimentare e sicurezza alimentare?
Prendendo in esame il concetto di alimento sano, per quanto tutto il mondo possa ritenere che alla carne rossa è preferibile la bianca perché più proteica, oggi non è propriamente così. Conta infatti di più come viene trattato l’animale: pensiamo ad esempio alle carne grass fed, ovvero tutti quei bovini allevati al pascolo e nutriti principalmente con erba fresca e fieno nella stagione invernale. Un discorso a sé invece meritano gli additivi che rappresentano sempre un rischio per il consumatore dal momento che possono causare reazioni, risposte del sistema immunitario, oppure intolleranze.
Sulla base di queste nozioni, in che modo il consumatore potrebbe diventare ulteriormente consapevole rispetto alle proprie scelte alimentari?
Sono convinta che la formazione e l’educazione alimentare debbano partire dalla scuola coinvolgendo al contempo i bambini e i genitori. Quotidianamente, al di là dell’obiettivo prefissato, indico ai miei pazienti come leggere l’etichetta, prezioso alleato del consumatore. Quando siamo al supermercato l’unica cosa che dobbiamo guardare sul retro del prodotto che individuiamo sullo scaffale è la lista degli ingredienti. Non dobbiamo lasciarsi distrarre da scritte sport come ‘senza olio di palma’, occorre invece concentrarsi sulla lista degli ingredienti e dei valori nutrizionali, che è comunque di difficile interpretazione. Il prodotto è sempre qualcosa di complesso.
Pertanto un’etichetta per essere comprensibile deve essere chiara, leggibile, oltre che indelebile. È sempre così?
Non sempre è così ma dobbiamo aggiungere che a questi criteri si aggiungono alcuni doveri del produttore chiamato dal mercato a citare con chiarezza la marca del prodotto, la denominazione, il peso sgocciolato e la quantità netta. L’etichetta deve consentire al prodotto di essere venduto ma è anche il canale che consente al consumatore di preferire un prodotto a un altro. Per questa ragione non possono essere omessi la denominazione di vendita, l’elenco degli ingredienti, il termine minimo di conservazione o data di scadenza, nome, ragione sociale o marchio depositato, e la sede del fabbricante o del confezionatore o di un venditore residente nella UE, la relativa sede dello stabilimento, la quantità netta o quantità nominale di produzione o confezionamento, le modalità di conservazione ed eventualmente utilizzo e la quantità di alcuni ingredienti o categorie di ingredienti.